Preeclampsia in gravidanza: uno studio del Meyer ne chiarisce le cause
L’ipotesi iniziale nata in un laboratorio tutto al femminile, in cui erano presenti due colleghe in gravidanza. Lo studio pubblicato su Science
venerdì 05 settembre 2025 11:58
Uno studio che apre nuovi scenari nella comprensione della preeclampsia, una complicanza potenzialmente grave della gravidanza. E' quello pubblicato dalla prestigiosa rivista Science e coordinato dalla prof.ssa Paola Romagnani, responsabile della Nefrologia e Dialisi dell’AOU Meyer IRCCS e ordinario di Nefrologia dell’Università di Firenze (Dipartimento di Scienze biomediche, sperimentali e cliniche "Mario Serio"), e dalla Dott.ssa Carolina Conte, dell’Università di Firenze.
Il ruolo dei progenitori renali. Il lavoro, dal titolo “Estrogen-regulated renal progenitors determine pregnancy adaptation and preeclampsia”, rivela che un particolare tipo di cellule renali – i progenitori renali – svolge un ruolo chiave nell’adattamento del rene alla gravidanza. Queste cellule, attivate dagli estrogeni, generano nuove cellule fondamentali per il filtro renale, contribuendo a rispondere all’aumento del lavoro che il rene affronta durante la gestazione. Quando questo meccanismo si altera, può svilupparsi la preeclampsia, con conseguenze per la madre e il bambino.
“Durante la gravidanza, il rene della donna deve lavorare per due – madre e feto – e aumenta fino al 150% della sua dimensione. Questo richiede un adattamento profondo della struttura renale”, spiega la professoressa Romagnani. “Abbiamo scoperto che gli estrogeni attivano i progenitori renali, che a loro volta generano nuove cellule podocitarie, fondamentali per mantenere la funzione di filtro del rene. Se questo meccanismo non funziona, si sviluppa la preeclampsia”.
Particolare la genesi dell’ipotesi: “Dieci anni fa abbiamo provato a coltivare i progenitori renali—le cellule staminali del rene che avevamo identificato — da campioni di urina", ricorda la professoressa. “In laboratorio eravamo tutte donne: due erano in gravidanza e solo dai loro campioni le colture crescevano regolarmente. Impossibile fosse una coincidenza. Da lì l’idea: in gravidanza il rene - secondo solo all’utero - aumenta di volume perché questi progenitori si espandono per reggere il carico extra. Forse è anche per questo che le donne in età fertile sono più protette da ipertensione e malattia renale cronica. Quell’intuizione è diventata la nostra ipotesi”.
Lo studio ha importanti implicazioni per entrambi i soggetti coinvolti nella gravidanza. Per la madre: contribuisce a chiarire le basi della preeclampsia, aprendo la strada allo sviluppo di strategie di prevenzione e trattamenti mirati per proteggere la salute renale e cardiovascolare a lungo termine. Per il bambino: dimostra che i figli nati da gravidanze complicate da preeclampsia hanno un maggior rischio di sviluppare ipertensione e malattia renale cronica nell’età adulta, a causa di un ridotto numero di nefroni alla nascita. Intervenire precocemente con controlli mirati può proteggere sia i reni che il cuore nel tempo.
Lo studio suggerisce inoltre che lo stesso meccanismo potrebbe spiegare, almeno in parte, i bassi pesi alla nascita osservati nei neonati di madri affette da preeclampsia ed il loro aumentato rischio di ipertensione e malattia renale cronica durante la vita adulta.
Preeclampsia e malattia renale cronica. La preeclampsia colpisce circa il 5% delle gravidanze in Europa, ma supera il 10% nei Paesi a basso reddito, dove rappresenta la prima causa di morte materna. I suoi effetti possono estendersi ben oltre la gravidanza, aumentando il rischio di ipertensione e insufficienza renale sia per la madre che per il bambino. La malattia renale cronica colpisce oltre il 10% della popolazione mondiale e rappresenta una delle principali sfide di salute pubblica. È associata a elevata mortalità e a un maggior rischio di malattie cardiovascolari, con una proiezione che la vede diventare entro il 2040 la quinta causa di morte a livello globale. Lo studio conferma inoltre il ruolo protettivo degli ormoni femminili in età fertile e ne rivela un possibile coinvolgimento anche nella preeclampsia.
In foto la professoressa Paola Romagnani