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Firenze, un anno dal crollo di via Mariti: la targa fuori dal cantiere con i nomi delle cinque vittime

La moglie di Luigi Coclite: 'Finiamola di parlare di incidente sul lavoro perché è un omicidio sul lavoro'

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domenica 16 febbraio 2025 13:00

"In memoria di Luigi Coclite, Mohammed El Farhane, Taoufik Haidar, Bouzekri Rahimi, Mohamed Toukabri". Recita così la targa di marmo che è stata posta di lato al cantiere di via Mariti, dove quei cinque nomi, quelle cinque persone, hanno perso la vita, un anno fa.

 

La targa, in collaborazione con ANMIL (l'Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), è stata scoperta questa mattina durante una cerimonia ad un anno dal crollo nel cantiere in via Mariti, alla presenza della sindaca Sara Funaro. 

 

E' stato osservato un minuto di silenzio scandito dal suono delle chiarine, presenti con il Gonfalone del Comune di Firenze. 

 

“È passato un anno, quanto accaduto è una ferita aperta: quello di oggi è un atto simbolico ma di forte vicinanza alle famiglie, in ricordo dei lavoratori che non ci sono più, un segnale per dire ancora una volta che la nostra città c’è e ci sarà sempre e che sul tema della tutela e della sicurezza del lavoro ci deve essere sempre un’attenzione altissima. – ha detto la sindaca Funaro – Firenze si stringe intorno ai familiari delle vittime, come lo abbiamo fatto un anno fa continueremo a farlo sempre”. 

 

La sindaca poi sul futuro dell'area ha detto: "Ora ci sono le idagini in corso, ma il mio auspicio sarebbe quello di avere un luogo dedicato alla cittadinanza, un luogo verde e di socialità, penso che questa sarebbe la scelta più giusta. Ovviamente ci confronteremo per capire in quale direzione si può andare e se questo può essere possibile". 

 

"Firenze chiede giustizia, sappiamo che c'è attenzione totale, le indagini faranno il loro corso e siamo fiduciosi che si possa arrivare al risultato nel più breve tempo possibile".

 

Presente alla cerimonia anche la famiglia di Luigi Coclite, uno degli operai vittime del crollo. "Finiamola di parlare di incidente sul lavoro perché è un omicidio sul lavoro. A Firenze ci siamo sempre sentiti appoggiati e mai lasciati soli e questa di oggi è la dimostrazione", ha detto la moglie Simona Mattolini.
 

Dopo lo scoprimento della targa si è svolto un breve corteo arrivato fino ai pressi del cantiere, dove è stata deposta una corona di alloro e si è tenuto un momento di preghiera. E' intervenuto anche l'imam di Firenze Izzedin Elzir ed è stato letto da Monsignor Corti, vicario generale dell’Arcidiocesi, un messaggio dell’arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli.  

 

"Carissimi, siamo uniti in questa celebrazione ad un anno dall'incidente avvenuto nel cantiere di via Mariti, a poca distanza da questa parrocchia, dove hanno perso la vita cinque nostri fratelli Mohammed, Luigi, Taoufik, Mohamed e Bouzekri. Il tempo non ha cancellato la memoria di quanto tristemente e ingiustamente accaduto e il nostro cuore è sempre addolorato per queste persone che non ci sono più, per i loro familiari e per i loro cari che soffrono la loro assenza, per la mancanza del loro affetto. Li ricordiamo tutti oggi nella nostra preghiera e chiediamo aiuto al Signore per alzare gli occhi dopo questa tragedia e aprirci ad un orizzonte di speranza. La speranza per noi cristiani è fondata su Gesù che ha vinto la morte per sempre, la fede ci conforta nel fatto che questi nostri fratelli non sono scomparsi nel nulla, ma sono nelle mani buone di Dio che ha sofferto, ci è vicino, piange con noi e non ci abbandona mai, soprattutto nei momenti più difficili. La speranza risiede poi nella nostra umanità, nel voler costruire un mondo più giusto dove il lavoro, elemento importante per la dignità della persona, per il sostentamento della famiglia, ma anche per una piena cittadinanza e inclusione sociale, sia assicurato e sicuro. Invece purtroppo si continua a morire lavorando ed è inaccettabile perché la vita è un bene assoluto. Le vittime che ogni volta piangiamo sono un peso insopportabile per la coscienza di tutti, mentre la sicurezza deve rappresentare un dovere a cui corrisponde un diritto inalienabile della persona. Si deve perciò operare ancora di più per diffondere una giusta cultura della sicurezza tramite lo sforzo di tutti: istituzioni, aziende, sindacati, lavoratori. Insieme alla preghiera, in attesa che la giustizia terrena faccia il suo corso, e che comunque non potrà mai restituire all'affetto dei loro familiari queste persone, oggi il modo migliore per ricordare Mohammed, Luigi, Taoufik, Mohamed e Bouzekri, e tutte le vittime degli incidenti sul lavoro, è quello di un maggiore impegno e un’assunzione di responsabilità collettiva perché a ogni livello, nella legislazione, nell’organizzazione del lavoro, nell’accuratezza dei controlli sia garantita la sicurezza, e la vita delle persone sia sempre rispettata sopra ogni altro interesse. Mi unisco a voi nella preghiera e con il pensiero per commemorare questi nostri fratelli defunti per essere vicino alle famiglie e chiedere per loro consolazione".

 

 

 

 
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