La campana che faceva tremare Firenze

Tra leggenda e storia, la Montanina resta il simbolo oscuro della giustizia fiorentina

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giovedì 16 ottobre 2025 20:03

A Firenze, c’è una campana che non ha bisogno di suonare per farsi sentire. È la Montanina del Bargello, la voce che per secoli annunciò la morte.

 

Il suo rintocco scendeva fino all’Arno come un avvertimento e risaliva tra i tetti come una preghiera spezzata. Era il suono della giustizia, della paura e del potere.

 

In origine il Bargello non era un museo. Era la sede del Capitano di Giustizia, il magistrato che decideva condanne, torture ed esecuzioni: il cuore del potere penale fiorentino. E in cima alla torre, la Montanina vegliava su tutto. Ogni rintocco scendeva sulla città come un ammonimento di bronzo: la legge stava parlando.

 

Secondo le cronache, la campana arrivò a Firenze nel XIV secolo come bottino di guerra dal castello di Montale, vicino a Pistoia. Da allora divenne la campana del castigo.

 

Nel Rinascimento, quando il bronzo cominciava a vibrare, Firenze intera tratteneva il fiato. Era la voce di un’epoca in cui la morte si annunciava con un rintocco e la pietà con il silenzio. “Ha la lingua lunga come la campana del Bargello.” Così dice un proverbio fiorentino. Un modo ironico per chi parla troppo, ma anche il segno di quanto quella campana “parlasse” davvero alla città, annunciando ogni condanna, ogni rivolta, ogni atto di giustizia.

 

Il suo ultimo suono ufficiale risale al 1847, durante le celebrazioni per il seicentenario della nascita di Dante Alighieri. Da allora la Montanina è rimasta in silenzio. O almeno così si dice.Perché nelle notti di pioggia, c’è chi giura di sentire tre rintocchi sordi — lenti, regolari — diffondersi dalla torre. Un ultimo saluto ai condannati del passato.

 

Pesa più di trecento chili e misura quasi 80 centimetri. Porta inciso un fregio gotico consunto dal tempo, e un tempo il suo suono era così potente da farsi sentire fino a Porta Romana.

 

La campana è ancora lì, nella Torre Volognana del Bargello, visibile dal cortile interno ma muta. Non segna più la morte né il castigo, ma resta il simbolo di una Firenze antica, severa e implacabile, dove anche il suono poteva incutere rispetto.

 

Eppure, chi si ferma troppo a lungo sotto quella torre giura di sentire un colpo breve, metallico, come un respiro nel vento. Forse è solo il soffio che si infila tra le pietre. O forse, da lassù, Firenze non ha ancora smesso di parlare con la voce della sua giustizia.

 

 

 

 
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