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Firenze, manifestazione dei giornalisti: il sostegno di Giani e Nardella

Manifestazione per sensibilizzare sullo stato di difficoltà del sistema di informazione

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martedì 01 giugno 2021 12:55

Oltre un centinaio i giornalisti in piazza questa mattina, martedì 1 giugno 2021, in via Cavour, a Firenze, con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sul profondo stato di difficoltà in cui si trova, in Italia, il sistema dell'informazione, vittima di leggi superate e di una crisi economica senza precedenti nell'editoria.

 

La manifestazione – organizzata a livello nazionale dalla Fnsi e in Toscana dall'Associazione Stampa e dal Consiglio regionale dell'Ordine – si è tenuta contemporaneamente nei capoluoghi di regione italiani. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è un’occasione unica per rilanciare il settore e progettare il futuro. L’informazione, pilastro della democrazia di ogni paese, non può venire esclusa dalle risorse del Piano. I giornalisti in piazza chiedono quindi al Governo un impegno serio per risolvere problemi che si trascinano da decenni.
 

Durante la manifestazione il presidente di Associazione Stampa Toscana, Sandro Bennucci, e quello di Odg Toscana, Carlo Bartoli, hanno consegnato al prefetto di Firenze, Alessandra Guidi, il seguente documento, nel quale vengono riassunte le richieste dei giornalisti toscani:


"I motivi principali della protesta sono la salvaguardia della previdenza e del welfare della categoria attraverso la difesa dell'Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti, per ridare dignità al lavoro, per l'equo compenso, contro il precariato che affligge da anni la professione giornalistica, per la difesa dei colleghi “esodati” in seguito alla chiusura di testate anche importanti che li hanno lasciati senza stipendio e senza pensione, per la difesa delle storiche testate che in Toscana stanno attraversando un delicatissimo momento di crisi e per un giusto contratto dei giornalisti nella Pubblica amministrazione.
 

Quello che serve a livello generale è un patto con le Istituzioni per il futuro dell’informazione. Il dovere di informare, il diritto di essere informati in maniera corretta e pluralistica devono restare i pilastri del nostro sistema democratico . A cominciare dalle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nel quale ci deve essere posto per l’informazione intesa come attuazione dell’articolo 21 della Costituzione.

Il settore da oltre un decennio sta soffrendo difficoltà strutturali solo in parte dovute alla trasformazione del modello produttivo: tra il 2013 e il 2020 sono andati perduti oltre 3 mila posti di lavoro, pari a quasi il 17% del totale. Un’emorragia occupazionale che non ha eguali.
E se non bastassero il ricatto occupazionale e lo sfruttamento lavorativo, i cronisti sono limitati nel loro mestiere anche dalla minaccia delle querele bavaglio e del carcere per il reato di diffamazione.

Una situazione di fronte alla quale il Parlamento può adottare provvedimenti che non hanno alcun impatto sul bilancio dello Stato, ma che ne hanno uno fortissimo sulla democrazia e sulla libertà di stampa:

  • rilancio dell’occupazione con incentivi a carico del sistema generale per favorire le assunzioni
- modifica dell’attuale normativa sui prepensionamenti: bisogna prevedere l’obbligo di un’assunzione di un giovane giornalista o la stabilizzazione di un collaboratore di lungo corso per ogni uscita anticipata;
- riforma della legge di sistema dell’editoria;

  • legge sull’equo compenso 233/ 2012, che non è mai stata attuata, per una soglia minima dignitosa di pagamento in un mercato del lavoro che oggi, invece, vede articoli pagati addirittura un euro;

  • abolizione del co.co.co, il collaboratore coordinato e continuativo, che è una figura impiegata in maniera massiccia nel settore editoriale e maschera lo sfruttamento selvaggio di quelli che sono ormai i “braccianti” o “rider” dell’informazione, giornalisti che svolgono lo stesso lavoro dei dipendenti ma senza tutele;

  • riforma della Rai per sottrarre la governance ai governi in carica, restituendo all’azienda il ruolo di servizio pubblico che sta alla base della sua attività;

  • riforma del sistema delle provvidenze pubbliche: non servono più i contributi a pioggia, vanno premiate solo le aziende che fanno buona informazione e danno occupazione regolare;

  • querele bavaglio, diventate ormai una vera emergenza democratica: se si vuole impedire a un giornalista di fare il proprio mestiere basta fargli pervenire una richiesta di risarcimento milionario;

  • norma per l’abolizione del carcere per i cronisti: nel giugno del 2020 l’allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia firmò un’ordinanza che dava un anno di tempo al Parlamento per intervenire sulla pena detentiva: manca un mese e nulla ancora è stato fatto.




Ma oltre a questi temi di carattere generale ci sono delle specificità che riguardano la Toscana:
 

  • Due testate storiche, La Nazione e Il Tirreno, sono sotto pressione di uno stato di crisi basato su prepensionamenti, ridimensionamenti e tagli alle buste paga e alle stesse collaborazioni. Nel caso de La Nazione, come denuncia il Comitato di redazione, si profila il ricorso a giornalisti pensionati e a giornalisti in cassa integrazione. Due vertenze durissime che vedono l’Associazione Stampa Toscana e la Fnsi a fianco dei colleghi dei due quotidiani.
  • Radio e Tv locali che subiscono il peso della crisi economica dovuta alla pandemia ed il cui risultato è la difficoltà ad assicurare la vita a strutture editoriali che sono tra le colonne portanti dell’informazione regionale.
  • Un ricorso al precariato come mai si era visto in questa regione, dove a portare il peso dell’informazione quotidiana sono sempre più colleghi pagati pochi euro ad articolo senza tutele e senza garanzie.
  • La situazione drammatica dei colleghi licenziati da testate che hanno chiuso i battenti e che da anni sono senza stipendio e senza pensione: i cosiddetti “esodati” del giornalismo considerati troppo “vecchi” per trovare un nuovo lavoro e troppo “giovani” per il pensionamento.
  • Un quadro preoccupante negli uffici stampa dove troppo pochi sono i colleghi contrattualizzati, pure nei Comuni e negli enti territoriali – come ha dimostrato lo studio condotto dall’Ast – e che devono trovare un inquadramento che tenga conto della specificità del lavoro giornalistico anche nella Pubblica amministrazione.
     

Su questi temi i giornalisti sono mobilitati in tutta Italia e lo sono anche in Toscana, dove nei prossimi giorni ci attendono passaggi cruciali nelle vertenze dei quotidiani La Nazione e Il Tirreno e dove le organizzazioni professionali e di categoria sono impegnate a non lasciare solo nessun collega e soprattutto a non lasciare soli i cittadini che rischiano di essere privati di quel bene prezioso che è l’informazione, base necessaria di una sana vita democratica".

 

Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale e Dario Nardella, sindaco di Firenze, sono stati fra i primi ad aderire alla manifestazione dei giornalisti. L'obiettivo è sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sul profondo stato di difficoltà in cui si trova, in Italia, il sistema dell'informazione, vittima  di leggi superate e di una crisi economica senza precedenti nell'editoria.
 

Oltre a Giani, Mazzeo e Nardella, hanno aderito in maniera convinta Vincenzo Ceccarelli, capogruppo del Pd nel Consiglio regionale della Toscana; Francesco Torselli con tutto il gruppo consiliare regionale di Fratelli d'Italia; Marco Stella, capogruppo di Forza Italia; Irene Galletti, capogruppo regionale Movimento 5 Stelle e Maurizio Sguanci di Italia Viva, sempre del consiglio regionale. Adesione e sostegno anche da Cristina Giachi, presidente della commissione cultura del Consiglio regionale.



"I motivi principali della protesta sono la salvaguardia della previdenza e del welfare della categoria attraverso la difesa dell'Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti, per ridare dignità al lavoro, per l'equo compenso, contro il precariato che affligge da anni la professione giornalistica, per la difesa dei colleghi “esodati” in seguito alla chiusura di testate anche importanti che li hanno lasciati senza stipendio e senza pensione, per la difesa delle storiche testate che in Toscana stanno attraversando un delicatissimo momento di crisi e per un giusto contratto dei giornalisti nella Pubblica amministrazione", dicono Sandro Bennucci e Carlo Bartoli.


"Quello che serve a livello generale è un patto con le Istituzioni per il futuro dell’informazione. Il dovere di informare, il diritto di essere informati in maniera corretta e pluralistica devono restare i pilastri del nostro sistema democratico . A cominciare dalle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nel quale ci deve essere posto per l’informazione intesa come attuazione dell’articolo 21 della Costituzione.
 

Il settore da oltre un decennio sta soffrendo difficoltà strutturali solo in parte dovute alla trasformazione del modello produttivo: tra il 2013 e il 2020 sono andati perduti oltre 3 mila posti di lavoro, pari a quasi il 17% del totale. Un’emorragia occupazionale che non ha eguali.
E se non bastassero il ricatto occupazionale e lo sfruttamento lavorativo, i cronisti sono limitati nel loro mestiere anche dalla minaccia delle querele bavaglio e del carcere per il reato di diffamazione".

 

"Una situazione di fronte alla quale il Parlamento può adottare provvedimenti che non hanno alcun impatto sul bilancio dello Stato, ma che ne hanno uno fortissimo sulla democrazia e sulla libertà di stampa:

- rilancio dell’occupazione con incentivi a carico del sistema generale per favorire le assunzioni
- modifica dell’attuale normativa sui prepensionamenti: bisogna prevedere l’obbligo di un’assunzione di un giovane giornalista o la stabilizzazione di un collaboratore di lungo corso per ogni uscita anticipata;
- riforma della legge di sistema dell’editoria;
- legge sull’equo compenso 233/ 2012, che non è mai stata attuata, per una soglia minima dignitosa di pagamento in un mercato del lavoro che oggi, invece, vede articoli pagati addirittura un euro;
- abolizione del co.co.co, il collaboratore coordinato e continuativo, che è una figura impiegata in maniera massiccia nel settore editoriale e maschera lo sfruttamento selvaggio di quelli che sono ormai i “braccianti” o “rider” dell’informazione, giornalisti che svolgono lo stesso lavoro dei dipendenti ma senza tutele;
- riforma della Rai per sottrarre la governance ai governi in carica, restituendo all’azienda il ruolo di servizio pubblico che sta alla base della sua attività;
- riforma del sistema delle provvidenze pubbliche: non servono più i contributi a pioggia, vanno premiate solo le aziende che fanno buona informazione e danno occupazione regolare;
- querele bavaglio, diventate ormai una vera emergenza democratica: se si vuole impedire a un giornalista di fare il proprio mestiere basta fargli pervenire una richiesta di risarcimento milionario;
- norma per l’abolizione del carcere per i cronisti: nel giugno del 2020 l’allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia firmò un’ordinanza che dava un anno di tempo al Parlamento per intervenire sulla pena detentiva: manca un mese e nulla ancora è stato fatto".
 

"Ma oltre a questi temi di carattere generale ci sono delle specificità che riguardano la Toscana:

Due testate storiche, La Nazione e Il Tirreno, sono sotto pressione di uno stato di crisi basato su prepensionamenti, ridimensionamenti e tagli alle buste paga e alle stesse collaborazioni. Nel caso de La Nazione, come denuncia il Comitato di redazione, si profila il ricorso a giornalisti pensionati e a giornalisti in cassa integrazione. Due vertenze durissime che vedono l’Associazione Stampa Toscana e la Fnsi a fianco dei colleghi dei due quotidiani.
Radio e Tv locali che subiscono il peso della crisi economica dovuta alla pandemia ed il cui risultato è la difficoltà ad assicurare la vita a strutture editoriali che sono tra le colonne portanti dell’informazione regionale.
Un ricorso al precariato come mai si era visto in questa regione, dove a portare il peso dell’informazione quotidiana sono sempre più colleghi pagati pochi euro ad articolo senza tutele e senza garanzie.
La situazione drammatica dei colleghi licenziati da testate che hanno chiuso i battenti e che da anni sono senza stipendio e senza pensione: i cosiddetti “esodati” del giornalismo considerati troppo “vecchi” per trovare un nuovo lavoro e troppo “giovani” per il pensionamento.
Un quadro preoccupante negli uffici stampa dove troppo pochi sono i colleghi contrattualizzati, pure nei Comuni e negli enti territoriali – come ha dimostrato lo studio condotto dall’Ast – e che devono trovare un inquadramento che tenga conto della specificità del lavoro giornalistico anche nella Pubblica amministrazione".


"Su questi temi i giornalisti sono mobilitati in tutta Italia e lo sono anche in Toscana, dove nei prossimi giorni ci attendono passaggi cruciali nelle vertenze dei quotidiani La Nazione e Il Tirreno e dove le organizzazioni professionali e di categoria sono impegnate a non lasciare solo nessun collega e soprattutto a non lasciare soli i cittadini che rischiano di essere privati di quel bene prezioso che è l’informazione, base necessaria di una sana vita democratica".
 

Al fianco dei giornalisti anche il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, che fa sue le ragioni della mobilitazione dei lavoratori dell’informazione, per sostenere il loro istituto di previdenza, combattere il precariato, salvaguardare i livelli occupazionali messi a rischio da una crisi senza precedenti, ulteriormente aggravata dalla pandemia. "Sostenere i giornalisti che oggi manifestano per l’occupazione  e la previdenza non significa solo schierarsi al fianco dei diritti del lavoro - sottolinea il presidente Giani - Significa tutelare e promuovere la nostra democrazia, che ha bisogno di un’informazione plurale, autonoma e di qualità. Per questo oggi riguarda tutti la battaglia contro il precariato nelle testate giornalistiche e per la difesa dell’Inpgi, l’istituto di previdenza".

 

"La Regione Toscana - conclude il presidente - sarà un interlocutore attento di sindacato e ordine dei giornalisti e farà quanto possibile per sollecitare il governo a tenere conto anche del bene informazione negli strumenti e nelle opportunità che saranno resi operativi per superare la crisi da pandemia. Quanto prima costruiremo anche un’occasione di confronto con Associazione Stampa e Ordine per valutare lo stato dell’informazione toscana, alla luce anche delle delicate trattative in corso".

“Solidarietà e vicinanza” è quanto esprime il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Antonio Mazzeo, ai giornalisti scesi di nuovo in piazza per difendere la dignità del lavoro, la tutela degli enti di categoria, il diritto dei cittadini a ricevere un’informazione completa e plurale.
Con una lettera inviata al presidente dell’Associazione stampa Toscana, Sandro Bennuncci, e al presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, Carlo Bartoli, Mazzeo aderisce alla manifestazione organizzata dalla Federazione nazionale stampa italiana in contemporanea in molti capoluoghi.


Impegnato in appuntamenti istituzionali già programmati, il presidente dell’Assemblea legislativa scrive a Ordine e Ast per ribadire l’importanza di una stampa libera: “Credo che, proprio in questi giorni in cui stiamo celebrando la nascita della Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente che scrisse la nostra Costituzione, la libertà delle giornaliste e dei giornalisti sia la migliore garanzia della tenuta democratica di qualsiasi Stato. Tutelarla e garantirla significa tutelare la libertà di tutti quanti e garantire le nostre istituzioni democratiche”. “Ma – rileva Mazzeo - non può esservi libertà laddove un giornalista è ricattabile dal punto di vista salariale e occupazionale. Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica Italiana e il primo ad essere eletto dal Parlamento nel maggio del 1948, lo spiegava perfettamente: ‘Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare’ scriveva, intendendo che uno dei principi fondamentali della democrazia è che con la conoscenza si determina la consapevolezza della propria scelta. Ma se non conosciamo o se siamo vittime di disinformazione quanta consapevolezza potremmo avere per poter poi scegliere veramente in modo libero?”.
 

“Il ruolo dei giornalisti - prosegue la nota del presidente - diventa un tassello necessario alla democrazia perché le persone che vogliono eleggere i propri rappresentanti devono essere messe in condizione di sapere e di conoscere. E questa possibilità è garantita dai giornalisti, dalla loro libertà e dalla loro capacità di raccontare, come prevede il loro codice deontologico: la verità sostanziale dei fatti. Non a caso uno dei diritti fondamentali della nostra Repubblica, sancito dell’articolo 21 della Costituzione, è proprio quello di informazione sia come diritto a esprimere liberamente il proprio pensiero, sia come diritto della stampa, oggi si scriverebbe mass-media, a non subire censure né a essere soggetta ad autorizzazioni, se non nei casi previsti dalla legge e solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria”.

“Per tutte queste ragioni, seppur non fisicamente, il primo giugno sarò al vostro fianco e al fianco di tutte le giornaliste e i giornalisti che scenderanno nelle piazze italiane. Convinto che il diritto-dovere di informare sia un bene prezioso da difendere tutti insieme” conclude Mazzeo.

 

Un numeroso gruppo di giornalisti precari, impegnati quotidianamente nelle redazioni e nei vari servizi indispensabili per confezionare giornali e notiziari, ha scritto una lettera di proposte che l'Associazione Stampa Toscana e la Commissione lavoro autonomo s'impegnano a portare ai prossimi tavoli nazionali di trattativa con il governo e  gli editori. "Contrastare il precariato nell’editoria per garantire la democrazia del Paese e risanare le casse dell’Inpgi1. Stabilizzazione i giornalisti precari che da anni provvedono alla fattura quotidiana dei giornali, trasformando i contratti di collaborazione coordinata e continuativa in articoli 1, 2 e 12. Ecco le nostre proposte al tavolo sull’Inpgi con il ministero del lavoro e ministero dell’Economia".   
 

"Quella del giornalista è una professione delicata e strategica per la democrazia di un Paese. Necessita di spalla larghe e schiena dritta, necessita di deontologia e di etica, necessita di sensibilità e attenzione grande. Non è un lavoro che si fa con l'orologio in mano, non è un lavoro che conosce le feste però questo non vuol dire che debba trasformare i giornalisti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (i cosiddetti Co.Co.Co) in schiavi senza diritti. Il precariato dovrebbe essere solo la fase iniziale della carriera giornalistica. In realtà, le redazioni sono spesso composte per lo più da co.co.co. che vanno a caccia di notizie e scrivono da dieci, quindici anni con la promessa di ottenere prima o poi l’assunzione.
 

I co.co.co. lavorano con retribuzioni poco dignitose (mediamente 1.000 euro per 50 articoli al mese spesso con taglio del compenso in caso di mancata pubblicazione di un solo pezzo, nella peggiore delle ipotesi la remunerazione è a pezzo) senza tutela di una degna previdenza, di diritto alla salute, di ferie, di scatti di anzianità, di prospettiva di crescita. Un’intera generazione di giornalisti - 40-50 anni - regolarmente iscritti all'Ordine, spesso da professionisti, non riesce ad avere riconoscimenti commisurati al proprio lavoro.
 

I co.co.co. non collaborano occasionalmente alla fattura del giornale, ma sono strutturati: seguono settori, scrivono tutti i giorni, hanno rubrica, hanno rapporti dirette con le fonti, si muovono per conto del giornale. I co.co.co. sono di fatto referenti della testata e nonostante ciò sono remunerati a cottimo, in barba alla legge che lo vieta esplicitamente, e privati delle tutele più elementari. È necessaria una nuova politica del lavoro, che non si fermi alla salvaguardia dei diritti quesiti degli articoli 1, ma tuteli le condizioni di lavoro dei precari. Occorre un nuovo patto sociale che ridisegni questi rapporti tutti a rischio vertenza. Anche per rimpinguare le casse dell’Inpgi1, occorre trasformare i contratti di Cococo, in articolo 1, articolo 2 e articolo 12. A chi provvede alla fattura dei giornali deve essere riconosciuto il diritto a una retribuzione dignitosa, al riposo, alla malattia e alle ferie, come prevede la Costituzione. Bisogna garantire quelle posizioni che da troppi anni, anche più di dieci, hanno lavorato senza aver maturato nulla. La generazione più a rischio dei giornalisti Cococo è quella dei 40-50 enni, troppo anziani per avere l’appeal dei nativi digitali e troppo giovani per andare in pensione.
 

La pandemia ha dimostrato come si lavori da “articolo 1” anche da casa, in smart working. Questo è un dato da non sottovalutare nella battaglia di perequazione dei tanti giornalisti precari che quotidianamente, da anni, creano le pagine dei quotidiani. I co.co.co. sono soggetti contrattualmente deboli: è lontano dalla realtà chi propone che possano adire le vie giudiziarie per ottenere il riconoscimento di diritti più elementari. Nel frattempo, chi paga l’affitto o il mutuo? L’esperimento di un’azione civile deve essere l’estrema ratio. Vogliamo un accordo con editori anche invogliati da soldi che possono arrivare da questo Recovery, per ridare dignità ai giornalisti. Non siamo per l'abolizione del  co.co.co  senza distinzioni. Il co.co.co  può garantire un trattamento dignitoso a chi veramente ha una collaborazione continuativa ma non impegnativa (fornendo per esempio 4 pezzi al mese a un quotidiano). Non possiamo più accettare da donne e uomini, che stanno anche invecchiando, questa deriva di sfruttamento in un lavoro così impegnativo. In gioco ci sono le vite di tante persone oneste, ma anche quella della democrazia. Le nostre sono posizioni sostanziali da tutelare non sono vezzi o capricci".

 

(immagine da Odg Toscana)

 

 
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