Firenze, al Museo Novecento 'Life Pleasures': la prima grande mostra in Italia dedicata a Helen Chadwick

Bettarini: 'Omaggio a questa artista straordinaria che è una delle figure più radicali, audaci e visionarie dell’arte britannica del dopoguerra'

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martedì 25 novembre 2025 14:04

Museo Novecento presenta Helen Chadwick: Life Pleasures, la prima grande mostra in Italia dedicata a una delle artiste britanniche più radicali e influenti della seconda metà del Novecento, a cura di Sergio Risaliti, Stefania Rispoli e Laura Smith.

 

Realizzata in collaborazione con The Hepworth Wakefield e la Kunsthaus Graz, dove approderà dopo Firenze, l’esposizione inaugura simbolicamente il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.


Prima retrospettiva di tale portata da oltre venticinque anni, la mostra ripercorre l’intera carriera di Helen Chadwick (1953–1996), dalle prime opere come In the Kitchen (1977) fino alle celebri sculture Piss Flowers (1991–92), mettendo in luce la natura profondamente sperimentale e anticonvenzionale della sua ricerca.
 

Stimolando tutti i sensi — vista, udito, tatto, olfatto e gusto — Chadwick concepiva le proprie opere per suscitare un’ampia gamma di emozioni: entusiasmo e meraviglia, desiderio e tenerezza, ma anche repulsione e disgusto. Per ottenere questi effetti utilizzava materiali eterogenei, spesso insoliti o grotteschi, combinando una straordinaria abilità tecnica con una curiosità instancabile per i limiti dei media artistici. La sua pratica spaziava tra scultura, installazione, fotografia, stampa e performance, ridefinendo continuamente il concetto stesso di opera d’arte.


Femminista convinta, al tempo stesso giocosa, indisciplinata e sontuosa, Chadwick indagava l’idea di “esperienza” per affrontare temi legati al femminismo, alla sessualità, alla malattia e alla bellezza, superando i confini di ciò che è comunemente considerato “tradizionale” o “bello”. Nei suoi lavori ricorrono elementi naturali e materiali quotidiani: orchidee, campanule, ranuncoli, tarassaci, narcisi, tulipani, rose, margherite e caprifogli, ma anche cioccolato, pellicce, capelli, bagnoschiuma, latte, ostriche, carne, olio motore, verdure in decomposizione, lombrichi, urina e cellule — fino al corpo stesso dell’artista, protagonista di molte delle sue sperimentazioni.

 

Fin dagli esordi universitari Chadwick si è imposta come una figura di riferimento tra gli artisti contemporanei britannici del dopoguerra, diventando nel 1987 una delle prime donne candidate al Turner Prize. Dalla fine degli anni Ottanta ha insegnato in alcune delle più prestigiose scuole d’arte londinesi, influenzando una nuova generazione di artisti — i Young British Artists — tra cui Tracey EminSarah Lucas e Damien Hirst.

 

La retrospettiva al Museo Novecento intende restituire la piena attualità del suo lavoro, sottolineando la sua capacità di affrontare questioni femministe ancora urgenti e di trasformare la cultura materiale con uno sguardo sempre curioso, ironico e sorprendente.

 

L’allestimento, curato da Sergio Risaliti, Stefania Rispoli e Laura Smith, restituisce la complessità e la varietà della produzione di Chadwick attraverso nuclei tematici che ne ripercorrono la carriera dagli anni Settanta ai Novanta. Le sue opere, sempre intrise di humour e sensualità, oscillano tra desiderio e decadenza, celebrando la vitalità della materia e la sua incessante metamorfosi.

 

Il percorso espositivo si apre con il ciclo Lofos Nymfon (1992-1993), in cui l’artista intreccia memoria personale, mito e simbolismo materno. L’opera, ispirata alla madre Aggeliki Chadwick, nata ad Atene, segna un ritorno simbolico alle origini elleniche dell’artista. All’interno di forme ovali e simboli archetipici – l’uovo, l’utero, il ventre, l’ombelico – Chadwick costruisce un dialogo intimo tra madre e figlia, corpo e mito. Le immagini alternano gesti di cura e sostegno reciproco sullo sfondo di luoghi sacri come il Partenone o il monte Licabetto, evocando un desiderio ancestrale di unione, protezione e rinascita.

 

Nell’opera The Oval Court (1984–86) i corpi femminili e forme barocche si fondono in un’orgia visiva di piacere e rinascita, dodici immagini di Chadwick sembrano nuotare immerse in un mondo fantastico di flora e fauna. L’opera rappresenta un esercizio intenso e molto evocativo di autorappresentazione: una celebrazione gioiosa e senza inibizioni dell’unione del corpo dell’artista con la natura. The Oval Court è stata realizzata tramite fotocopie realizzate con una macchina Xerox, un mezzo che l’artista apprezzava per la sua straordinaria immediatezza ed efficienza. L’opera fonde numerosi riferimenti all’architettura rococò e barocca e alla Storia dell’Arte: le pose e le espressioni del suo corpo si ispirano a capolavori come Le Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini (1647–52), La chemise sollevata di Jean-Honoré Fragonard (c. 1770) e L’Odalisca bionda di François Boucher (1775).


L’opera In the Kitchen (1977)uno dei primi lavori di Chadwick, era stata concepita inizialmente come performance e prevedeva una serie di sculture indossabili che ricordavano i principali elettrodomestici da cucina, come un frigorifero, un forno, una lavatrice, etc. Questi “costumi” – a metà strada tra abiti e mobili – erano realizzati con strutture in metallo rivestite da un involucro morbido in PVC bianco. Chadwick, insieme ad alcune sue compagne di corso, li indossò durante una performance in cui canto, parole e movimento si combinavano a una colonna sonora composta da frammenti di trasmissioni radiofoniche diurne rivolte a un pubblico femminile. Attraverso la fusione simbolica tra il corpo femminile e gli elettrodomestici, l’artista metteva in evidenza gli stereotipi legati alla domesticità. Le strutture limitavano i movimenti delle performer, costringendole a gesti meccanici e talvolta involontari, mentre gli elettrodomestici assumevano tratti antropomorfi e sensuali: i fornelli richiamavano il seno e l’oblò della lavatrice evocava un ventre gravido.


Tra le opere in mostra anche la serie Wreaths to Pleasure, fotografie circolari che raffigurano composizioni di fiori, petali e boccioli sospesi in vari liquidi — dal succo di pomodoro al latte, dal detersivo per piatti al cioccolato. La fluidità delle sostanze contrasta con la staticità delle composizioni, generando immagini intense e perturbanti. Le cornici circolari richiamano forme biologiche e cellulari, evocando gli elementi costitutivi della vita. Il termine wreaths (“ghirlande”) rimanda al tema del cordoglio e della morte, ma Chadwick definiva queste opere anche bad blooms — “fioriture cattive” o corrotte — per sottolinearne l’ambiguità vitale e sensuale.
In Piss Flowers (1991–92), tra le sue opere più iconiche, l’artista sperimenta con l’urina propria e quella del compagno David Notarius, utilizzandole per modellare sculture di gesso poi fuse in bronzo. Il calore dell’urina femminile genera la forma fallica centrale, mentre quella maschile, più fredda, crea i contorni dei petali. Attraverso questa inversione giocosa dei ruoli sessuali, Piss Flowers riflette sull’ambiguità dei generi e sull’impossibilità di ridurli a una singola identità.
 

“Una retrospettiva di grandissimo valore dedicata a Helen Chadwick arriva a Firenze e, grazie al Museo Novecento, rende il dovuto omaggio a questa artista straordinaria che è una delle figure più radicali, audaci e visionarie dell’arte britannica del dopoguerra. Life Pleasures è una mostra particolare: è anche un'esperienza sensoriale e intellettuale. È particolarmente significativo che questa esposizione inauguri il 25 novembre, in concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L'impegno femminista di Chadwick, la sua indagine sulla corporeità femminile, sulla sessualità e sui ruoli sociali, risuona oggi con una urgenza e una forza straordinarie. Le sue prime opere, come In the Kitchen, mettevano già in luce, con ironia e acume, gli stereotipi della domesticità legati al corpo femminile”, dice Assessore alla Cultura del Comune di Firenze Giovanni Bettarini.
 
 
“Il Museo Novecento si conferma ancora una volta protagonista nella produzione di mostre, progetti espositivi internazionali e collaborazioni con istituzioni fuori dai confini nazionali, sempre tese a portare a conoscenza del pubblico grandi protagoniste dell’arte del Novecento e più recente. Lo spirito di ricerca, fuori dagli stereotipi e da logiche commerciali, caratterizza la direzione artistica fin dal 2018 e, da allora, non abbiamo cessato di mettere in evidenza e dare spazio alle artiste che, dalla seconda metà del Novecento in poi, hanno saputo ribaltare la prospettiva d’interpretazione dei linguaggi e dei fenomeni artistici, uscendo dal cono d’ombra del patriarcato e del dominio culturale e sociale degli uomini. Potrei citare le importanti mostre di Bice Lazzari, Maria Lai, Louise Bourgeois, Cecily Brown, Sandra Vasquez de la Horra, Marion Baruch, Jenny Saville e la recentissima Clemen Parrocchetti attualmente in corso Palazzo Medici, oltre a un impegno per la valorizzazione della ricerca di artiste delle nuove generazioni, tra cui Elena Mazzi, Rä di Martino, Francesca Banchelli, Alessandra Ferrini, per citarne alcune. Adesso è la volta di Helen Chadwick, la cui attività artistica è riconosciuta ormai a livello mondiale come un caposaldo della storia dell’arte del Novecento e la cui influenza sulle nuove generazioni è stata di grande peso. La sua capacità di superare barriere culturali e limiti morali, di sperimentare materiali e tecniche, di rielaborare iconografie antiche e tradizioni letterarie, simbologie e codici figurativi, ha aperto la strada a una nuova considerazione del rapporto tra arte e femminismo, tra creatività e sessualità, tra libertà espressiva e politica. Ne hanno tratto giovamento, dal suo insegnamento, artisti del calibro di Damien Hirst, Tracey Emin, Sarah Lucas e molti altri ancora. Personalità straordinaria, carica di un’energia vitale unica e di un’intelligenza spregiudicata, è stata un punto di riferimento anche per la scena musicale rock-pop dell’Inghilterra degli anni ’70, come ben ricorda Peter Gabriel: <<Helen è stata un’artista straordinaria, il cui lavoro e la cui influenza sono stati a lungo sottovalutati. È stata una pioniera nell’affrontare temi legati alla vita e alla morte, temi per cui Damien Hirst sarebbe poi diventato molto noto. Oggi sta ottenendo un maggiore riconoscimento da parte di molti artisti (e di molti suoi studenti) che ha influenzato e che ora sono più conosciuti di quanto lo fosse lei all’epoca.>>
La collaborazione del museo con The Hepworth Wakefield e la Kunsthaus Graz, oltre che con istituzioni di grande fama come il Victoria and Albert Museum, ci fa onore e sottolinea l’autorevolezza raggiunta dal Museo Novecento a livello internazionale. Ringrazio in modo particolare Laura Smith, direttrice di Hepworth Wakefield, e Stefania Rispoli, sempre pronta nel selezionare temi e artiste di straordinario spessore, fuoriuscendo da schemi concettuali e culturali ormai vetusti, e ringrazio anche tutto lo staff del museo, instancabile nel portare avanti così importanti obiettivi, la Fondazione Muse e tutti i prestatori privati”, Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento.
 

“L’arte di Helen Chadwick è irriverente. Lo è sempre stata fin dalle opere che risalgono agli anni in cui era ancora una studentessa, come In The Kitchen e Domestic Sanitation. Alcuni lavori esposti in mostra - penso in particolare alle serie realizzate tra gli anni ’80 e ’90 - oggi forse non verrebbero concepiti, perché contrastano con quel perbenismo culturale e quella bellezza patinata che continuamente ostentiamo, banalizzando il nostro immaginario e rinnegando il potere rivoluzionario della rappresentazione. La forza e l’attualità del linguaggio espressivo di Helen Chadwick sta nella capacità di sconvolgerci, di pungolare i nostri sensi e anche le nostre coscienze, mettendoci in una posizione scomoda, di imbarazzo e alle volte di rigetto. Tutta la sua pratica è stata pervasa da una tensione costante e binaria tra gli opposti, nella consapevolezza profonda che nulla è eterno, tutto è effimero, e che la morte e la fragilità fanno parte dell’energia che ci sostiene. Con un’intelligenza raffinata, con sensualità e ironia, ha affrontato nelle sue opere temi universali legati alla vita, alla sessualità e alla malattia, con uno sguardo sempre ricettivo, femminista e al contempo fluido. Ha scavato nelle pieghe imperfette e ambigue dell’esistenza con una curiosità instancabile, realizzando opere formalmente bellissime, raffinate e affascinanti che risuoneranno in maniera potente nelle sale di questo antico convento della città di Firenze”, Stefania Rispoli, curatrice della mostra.
 

“Helen Chadwick è stata descritta in molti modi: maliziosa, sfacciata, divertente, brillante, feroce, geniale, tosta, provocatoria, meticolosa, un talento puro, in anticipo sui suoi tempi… Anche se non è più tra noi, la sua presenza e la sua influenza nella storia dell’arte restano concrete e sfaccettate. Questa mostra dimostra come il lavoro e l’insegnamento di Chadwick abbiano inciso in modo tangibile sul panorama dell’arte contemporanea in Europa. Rivela inoltre quanto la sua attenzione nell’ esaminare e smantellare il mito della donna sia tuttora potente e duratura, capace di ispirare nuove generazioni di pensatrici femministe”, Laura Smith, Direttrice Artistica, The Hepworth Wakefield.

 

 

 
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