Virginia Oldoini, la fiorentina che sedusse un impero
Dalla corte di Firenze ai salotti delle Tuileries: la storia della Contessa di Castiglione tra politica, diplomazia e scandali.
sabato 15 ottobre 2016 11:49
Virginia Oldoini, nata a Firenze il 23 marzo 1837, è una di quelle figure che l’Ottocento ha cercato di dimenticare e che invece continuano a tornare a galla. Bellissima, discussa, imprevedibile, capace di influenzare la politica europea mentre la diplomazia ufficiale preferiva non nominarla.
Infanzia, matrimonio e prime fratture
Bella e viziata fin da piccola, Virginia – “Nicchia”, come la chiamava Massimo d’Azeglio – fu data in sposa giovanissima al conte Francesco Verasis per mettere a tacere uno scandalo familiare.
Non funzionò mai: lui innamoratissimo e sempre più indebitato, lei insofferente, distante, allergica alle regole matrimoniali. Ebbero un figlio, ma il ruolo di madre non le appartenne mai davvero.
L’idea di Cavour e l’arrivo a Parigi
La svolta della sua vita arrivò grazie ai legami di sangue: Virginia era cugina di Camillo Benso di Cavour.
Il Piemonte aveva bisogno dell’appoggio di Napoleone III per la causa italiana e Cavour decise di usare tutte le carte possibili. Anche quelle non ufficiali.
Mandò Virginia a Parigi per far colpo sulla corte delle Tuileries e, soprattutto, sull’imperatore.
Il primo incontro non andò benissimo: agitazione, timidezza, poca presenza. Poi, come spesso accadeva con lei, recuperò in modo spettacolare. Famosa la risposta che diede a Napoleone III quando lui la rimproverò per il ritardo a una festa:
“Arrivate troppo tardi, Madame.”
“No, Sire. Siete voi che ve ne andate troppo presto.”
Da lì in poi, l’imperatore non la perse più di vista.
La notte di Compiègne
Secondo i diari della contessa, il rapporto con l’imperatore iniziò ufficialmente il 1º luglio 1856 a Compiègne. Lei indossava una sottoveste di seta verde, copia provocatoria della camicia nuziale dell’imperatrice Eugenia.
Annotò: “La mia camicia da notte dovrebbe sventolare insieme al tricolore.”
Era fatta: Virginia era entrata nel cuore, nel letto e – soprattutto – nelle attenzioni politiche di Napoleone III.
Attentati, sospetti e caduta
La situazione però durò poco. Tra il 1857 e il 1858 l’imperatore scampò a diversi attentati, alcuni dei quali organizzati da italiani. Il clima diventò ingestibile. Virginia, già malvista dall’imperatrice, fu allontanata bruscamente.
Cavour dovette lavorare duramente per evitare che la frattura personale si trasformasse in un disastro politico.
Lei se ne andò a Londra, dove collezionò nuovi scandali, poi rientrò in Italia e passò un periodo di isolamento volontario a Villa Gloria, vicino Torino.
Una vita sempre sul filo
Negli anni successivi fece la spia per i Rothschild, prima durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, poi nella guerra di Francia in Messico.
Viaggiò tra La Spezia, Firenze, Torino e Parigi.
Nel 1867 morì il marito, e con lui anche l’ultima parvenza di legame con il suo passato fiorentino.
Non mancarono altre storie altisonanti: durante il soggiorno a Firenze di Vittorio Emanuele II, Virginia divenne sua amante ufficiale. Non arrivò mai a sfiorare un ruolo pubblico, ma per un attimo ci fu molto vicino.
Gli ultimi anni: ombre e specchi coperti
Il declino arrivò presto.
Isolata a Parigi, pare avesse coperto tutti gli specchi della casa per non vedere il proprio volto cambiare. Riceveva pochissimi amici, viveva di ricordi e rancori.
Morì il 28 novembre 1899, sola e convinta di essere stata dimenticata.
Lasciò istruzioni precise per la sepoltura: niente cerimonie, niente fiori, nessun annuncio ai giornali. Voleva essere sepolta con la camicia verde di Compiègne e due cani imbalsamati ai piedi. Nulla fu rispettato.
La camicia finì al Museo Cavouriano di Sarzana e lei riposa al Père Lachaise.
Il mistero delle carte bruciate
Subito dopo la sua morte, agenti italiani e francesi distrussero lettere e diari. È questo che rende la sua storia ancora oggi sfumata, con parti mancanti, passaggi oscuri. Quel che resta basta a capire che la contessa ebbe un ruolo molto più concreto di quanto a lungo ammesso.
Una donna amata e detestata in egual misura, capace di lasciare un segno in un’Italia che ancora non esisteva.
Una fiorentina che, nel bene e nel male, ha attraversato la storia da protagonista.
