La pizza contemporanea dal Regno delle Due Sicilie rinasce a Sesto Fiorentino
Dalla Sicilia alla Campania, una storia di passione e tradizione tutta da raccontare e gustare.
martedì 23 settembre 2025 18:41
L'odore della farina, la danza delle mani e il calore del forno non parlano solo di cibo, non sono solo una pizza. È una storia che va avanti da secoli, quella della pizza contemporanea che è arrivata fino a Sesto Fiorentino, dove la pizza non è solo un piatto.
La storia di questo tempio della pizza affonda le proprie radici a Napoli, la città che tradizionalmente ha dato i natali alla pizza. Proprio da qui, dalla storia del primo pizzaiolo napoletano nominato "Monzù", prende vita l'anima della pizzeria. Un appellativo che un tempo era riservato ai grandi chef, tanto che, come riportano gli scritti di Salvatore Di Giacomo, il Re Ferdinando II lo concesse come onore al pizzaiolo Domenico Testa, per la sua maestria e la sua umiltà. Un nome che non è solo un omaggio, ma un vero e proprio manifesto di professionalità, dedizione e rispetto per la tradizione.
Ma un vero maestro sa che non si smette mai di imparare. Fabrizio, il pizzaiolo e proprietario di questa pizzeria a Sesto Fiorentino, è un artigiano catanese che ha girato il mondo. La passione per il mondo della pizza arriva dalla nonna casertana dalla quale ha imparato gran parte di ciò che fa oggi, ma poi ha girato il mondo per affinare la propria arte: da Miami all’Europa fino agli Emirati Arabi. La sua storia di “emigrazione al contrario” racconta che ogni viaggio è stata un’occasione per ripartire da zero, apprendere nuove tecniche e perfezionare la propria maestria. Fare esperienza, infatti, non è utile solamente e strettamente alla costruzione di un curriculum, ma per Fabrizio è fondamentale per trovare nuovi insegnanti, scoprire le varie modalità di fare la pizza e realizzare il miglior prodotto possibile. Fare la pizza non è un'arte improvvisata, ma un percorso fatto di studio, passione e sacrificio. Come ama ripetere lui stesso, "Ogni pizza è una storia". E ogni pizza che prepara è un racconto che si dispiega.
In questa pizzeria l'innovazione entra in gioco come un alleato, non certo come un traditore della tradizione. E il protagonista di questa rivoluzione è un forno speciale, un modello di forno elettrico soprannominato "Scugnizzo". A differenza dei classici forni a legna, questa soluzione elimina i fumi potenzialmente cancerogeni, garantendo una cottura più sana e pulita. La sua forza è la capacità di raggiungere temperature elevatissime, fino a 450°C, in un ambiente a camera aperta. Questo calore avvolgente, trattenuto da un cuore di mattone refrattario di Sorrento - lo stesso usato nei forni a legna per la sua capacità di distribuire il calore in modo lento e senza shock termici - cuoce la pizza in maniera uniforme. Il risultato è una pizza che si asciuga alla perfezione, ma mantiene una morbidezza straordinaria e un cornicione non troppo spesso, un vero trionfo di leggerezza e gusto. Infatti, i tempi di lievitazione e l’utilizzo del prefermento, che permette ai lieviti e ai batteri di avviare il processo di trasfromazione degli amidi fin da subito, rendono il prodotto finale incredibilmente facile da digerire.
Ma il forno, per quanto eccezionale, è solo il 60% della buona riuscita. Il restante 40% è pura arte e metodo, frutto di una maestria che si tramanda e si perfeziona. La preparazione dell'impasto non è un atto banale, ma un vero e proprio rituale. Questo metodo, infatti, ereditato dalla pizza contemporanea nata a Caserta nei primi anni 2000, prevede l’utilizzo di un impasto con prefermento e crea un prodotto con una maggiore quantità di aromi rispetto a quello tradizionale napoletano.
Ogni singola pallina di impasto ha la medesima grammatura delle altre, per garantirne una cottura uniforme e perfetta. Questa attenzione al grammo è espressione della passione, dello studio e dell'esperienza di un pizzaiolo che ha trasformato la propria professione in una missione. Perché una pizza, seppur apparentemente semplice, nasconde anni di dedizione e l'intento sincero di non deludere mai le aspettative del cliente.
I profumi che riempiono l'aria appartengono a pizze che sono leggende, a partire dalla Marinara, la pizza del popolo. Nata a Napoli, era il piatto dei pescatori che, tornati a casa, la preparavano con aglio e pomodoro. Era un pasto che sfamava l'intera famiglia e, se avanzava del pesce, veniva aggiunto sopra. Un inno alla semplicità e al gusto.
Poi c'è lei, la celebre Margherita. La sua storia si lega a quella della Regina Margherita di Savoia, a cui fu dedicata, ma in realtà a Napoli, al tempo dei Borboni, esisteva già una pizza che univa i colori del tricolore. Era la pizza Cosacca, inventata dai cuochi francesi, i monsieur storpiati dai napoletani in Monzù. Un nome che, come abbiamo visto, in questa pizzeria risuona come un omaggio alle radici più profonde della tradizione.
E mentre si assaporano queste storie in forma di pizza, lo sguardo si perde sulle pareti, dove la storia di Napoli prende vita attraverso la street art. Un'arte che, come la pizza di oggi, ha saputo trasformarsi, passando dalle immagini classiche a un linguaggio moderno. È un omaggio a una città che si è reinventata senza mai perdere la sua anima più verace, offrendo un prodotto che non ha la pretesa di piacere a tutti, ma di essere autentico, come la pizza che Fabrizio e Grazia propongono nella propria Pizzeria Monzù a Sesto Fiorentino.
Ma la vera storia, quella che si sente, si vede e si gusta, è quella che abbiamo vissuto noi, seduti a uno dei loro tavoli della corte interna. La nostra cena è iniziata con il fritto napoletano, un autentico biglietto da visita: il crocchè, la mozzarella in carrozza filante, la frittatina di pasta deliziosa e la montanarina ci hanno proiettati direttamente nel cuore di Napoli. Poi, il momento clou: le pizze. La Sorrento è stata una sinfonia di sapori mediterranei, con il gusto intenso del salame Napoli e la freschezza dei pomodorini, che si sposavano alla perfezione con il fior di latte. Ma anche la Smeraldo ci ha rubato il cuore: un'esplosione di sapori inaspettati, dove la dolcezza della cipolla caramellata e la delicatezza del pesto di pistacchio si equilibravano perfettamente con la sapidità dello speck fritto e la cremosità della burrata. Per finire, il Babà, intriso e goloso, ha chiuso il cerchio, riportandoci con un ultimo, dolce boccone, a quella tradizione da cui tutto ha avuto inizio. Se una cena non è solo un pasto, ma un'esperienza che lascia un segno, questa, ne siamo certi, non la dimenticheremo facilmente.
MONZU'
Pizzeria Napoletana (Regno delle Due Sicilie)
Piazza IV Novembre 52
Sesto Fiorentino, Firenze
Tel 346 8014288