Neuroblastoma, nuove speranze grazie a uno studio di Meyer e Università di Firenze
Individuato un recettore che regola il differenziamento delle cellule tumorali e promette risvolti terapeutici per le forme più aggressive
mercoledì 04 settembre 2019 10:54
È una proteina, si chiama β3-adrenergico, ed è un recettore in grado di regolare il grado di differenziamento del neuroblastoma, uno dei tumori solidi più diffusi che colpiscono in età pediatrica.
A definirne il meccanismo molecolare è stato uno studio del Laboratorio di Ricerca di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale pediatrico Meyer, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università degli Studi di Firenze.
Il neuroblastoma è un tumore estremamente eterogeneo che può regredire spontaneamente in pochi mesi o portare allo sviluppo di masse tumorali e metastatiche altamente aggressive e resistenti alle terapie in uso. Un aspetto fondamentale che caratterizza questa tipologia di tumore è il grado di differenziamento che presentano le cellule tumorali. I tumori più indifferenziati sono infatti molto aggressivi e resistenti, mentre le forme differenziate presentano una prognosi molto più favorevole.
Nonostante per le forme di neuroblastoma a basso rischio esistano delle terapie efficaci, nelle forme ad alto rischio, ovvero quelle meno differenziate, le cure disponibili sono a volte non risolutive. Ed è proprio per combattere questa seconda, e più temibile, tipologia di tumori che la scoperta dei ricercatori del Meyer e dell’Università degli Studi di Firenze, promette risvolti importanti. Il recettore β3-adrenergico, infatti, mantiene le cellule tumorali in uno stato indifferenziato attivando la sintesi e l’azione del lipide bioattivo sfingosina 1-fosfato.
Gli studi, condotti sia a livello cellulare che in vivo, si legge nel comunicato del Meyer, hanno evidenziato che bloccando l’attività di questo recettore con specifiche molecole, le cellule tumorali vanno incontro ad un maggiore differenziamento con conseguente riduzione della crescita tumorale.
Questi studi potrebbero aprire la strada all’individuazione di nuove strategie terapeutiche per la cura di quei neuroblastomi ad alto rischio che sono attualmente difficili da curare, dando nuove speranze ai bambini affetti da tali patologie.
L’obiettivo del team di lavoro è quello di poter arrivare a mettere a punto molecole che inibiscono l’attività di questo recettore per dare una prospettiva di cura ai piccoli pazienti.