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‘Siedi il bambino’ e ‘scendi il cane’, si può dire? La parola di Vera Gheno

'Invece che lamentarci della decadenza della lingua italiana, possiamo impegnarci a usarla meglio'

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mercoledì 30 gennaio 2019 16:35

‘Siedi il bambino’, ‘scendi il cane’, ‘esci la sedia’, sono solo alcune delle espressioni che stanno spopolando sui social network in questi giorni. 

 

Tutto è nato dalla risposta di un membro dell’Accademia della Crusca di Firenze a un quesito: “Molti lettori ci chiedono se è lecito costruire il verbo sedere con l’oggetto diretto di persona: siedi il bambino, siedilo lì ecc.”. Alcuni passaggi sulla legittimità o meno di alcuni modi di dire che rendono transitivi verbi che in teoria non lo sono, sono poi stati ripresi da molti siti di news, creando numerosi post polemici su Facebook e Twitter.

 

Curiosi di saperne qualcosa in più, noi di 055Firenze abbiamo fatto alcune domande a Vera Gheno, sociolinguista, docente a contratto dell'Università di Firenze e Twitter manager dell'Accademia della Crusca. Ecco cosa ci ha risposto.

 

"Siedi il bambino", "scendi il cane" e "esci la sedia": sono tutte espressioni da correggere?
 

L’inevitabile risposta è: dipende. Questi usi transitivi di verbi comunemente considerati intransitivi sono tradizionalmente presenti in numerosi italiani regionali (ovviamente, su influenza dei dialetti retrostanti; l’italiano regionale è una sorta di scalino intermedio tra l’italiano e il dialetto) e sono anche molto diffusi nell’italiano popolare; in questi contesti, nessun linguista li definirebbe come errori, ma chiaramente lo diventano se vengono trasferiti in contesti più formali, nei quali, in poche parole, colloquialismi e regionalismi andrebbero per quanto possibile ridotti. Non tanto perché lo impone la norma, quanto per non fare cattiva figura con chi ci sta ascoltando o leggendo! Il senso di esprimersi in maniera consona alla situazione non è di non “offendere la grammatica”, quanto evitare di venire stigmatizzati”. 
 

Negli ultimi giorni si è sviluppata, soprattutto nel mondo dei social network, una discussione pubblica nata dalla risposta di un membro dell'Accademia della Crusca sull'uso transitivo di alcuni verbi come uscire, entrare, salire e scendere. Perché si sono create grandi agitazioni e incomprensioni?
 

Perché moltissime persone si sono fermate al titolo, concepito appositamente per creare sconcerto, di una testata giornalistica online che aveva ‘pescato’ dal sito della Crusca una scheda di consulenza pubblicata, peraltro, da settimane, senza aver creato precedentemente nessuno scompiglio. Chi ha compilato il pezzo ha, a sua volta, letto in maniera poco approfondita quella scheda, oggettivamente di lettura non facilissima, estrapolandone dei pezzi che così, decontestualizzati, si prestavano a interpretazioni distorte. L’esecrabile abitudine di fermarsi ai titoli, unita alla purtroppo ancora scarsa conoscenza di cosa faccia, realmente, l’Accademia della Crusca (che non preserva l’italiano e non ne prescrive la grammatica, ma lo studia e lo descrive, tenendo conto dei mutamenti che vi avvengono) sono bastate per far scatenare il famoso “popolo del web”, che però stavolta ha davvero poca colpa: molta di più ne hanno le numerose testate che hanno seguito quel primo articolo senza andare, di persona, a verificare cosa avesse scritto il professore della Crusca. E quando una notizia, a torto o a ragione, diventa virale, è difficilissimo contrastare l’effetto “palla di neve” divulgando l’informazione corretta”.
 

Si tratta di forme linguistiche che molti italiani usano, ad esempio in ambito domestico, magari non impiegandolo in contesti più alti. Si può affermare che sono espressioni utilizzabili, o su cui ci si può sorvolare, nel parlato, ma non idonee allo scritto?
 

“La distinzione non è tanto tra parlato e scritto quanto tra contesti informali e formali. Si possono usare nel parlato e magari nello scritto di contesti informali, anche una chat su WhatsApp per esempio, vanno evitati nel parlato e nello scritto di contesti formali, a colloquio con il proprio professore, giusto per fare un caso”.
 

Esiste la possibilità che queste forme entrino a far parte dell'italiano scritto e parlato formale? 
 

Certo. Che è ciò che veniva notato nella scheda di consulenza. La lingua viene modificata dai suoi parlanti, e questi usi hanno un loro senso, dato che sono sintetici ed espressivi. Ma c’è una cosa più importante da considerare: se e quando questi usi dovessero diventare norma, la “colpa” non sarà della Crusca o dei grammatici, ma di noi parlanti – conclude Vera Gheno - Di conseguenza, invece che lamentarci, adesso, della decadenza della lingua italiana, come se fosse una questione che non ci riguarda, possiamo tutti impegnarci a usarla meglio, a cercare sempre il modo migliore di esprimersi a seconda del contesto in cui siamo. L’italiano non va preservato come un oggetto da museo, ma impiegato al massimo delle sue, e delle nostre, potenzialità”.
 

 

 
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