Le mafie in Toscana, presentato il rapporto della Normale di Pisa
Il primo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione in Toscana
lunedì 11 dicembre 2017 18:29
Presentato il primo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione in Toscana. Il rapporto è stato realizzato dalla Scuola Normale di Pisa ed è il primo di tre studi concordati dalla Regione con l'ateneo fino al 2018, approvato a luglio dalla giunta regionale. A curarlo è stata la professoressa Donatella Della Porta, con la collaborazione di Andrea Pirro, Salvatore Sberna e Alberto Vannucci.
"Già dopo i primi mesi di studio si rafforza la consapevolezza che non esistono regioni sul territorio nazionale immuni dalle mafie e dai fenomeni corruttivi, e la Toscana non fa eccezione. La situazione di fatto supera la fotografia scattata da giudici, perché ci sono reati che talvolta non sono qualificati giuridicamente con una matrice mafiosa ma nella sostanza lo sono, ricondotti a gruppi autonomi o singoli individui, ugualmente pericolosi da un punta di vista sociale e che dimostrano l'elevata vulnerabilità di alcuni territori. Pochi e sporadici casi insomma da articolo 416 bis, ma ben più numerose attività criminali a sostegno di associazioni di stampo mafioso", si legge in una nota della Regione.
La ricerca ha visto il coinvolgimento delle principali istituzioni impegnate in Toscana nell'attività di prevenzione e contrasto fenomeni criminali esaminati. I risultati e punti salienti sono stati messi in evidenza oggi, lunedì 11 dicembre, dal presidente della Toscana Enrico Rossi assieme all'assessore alla presidenza e legalità Vittorio Bugli. Presente anche il ministro della giustizia Andrea Orlando.
Ecco i principali dati del rapporto riportati in una nota della Regione Toscana. Mercati illeciti e capitali ‘ripuliti'. Gli interessi dei clan criminali sono duplici: far affari ma anche reinvestire il frutto di attività consumate altrove. Da un lato ci sono così i mercati illeciti, fin troppo fiorenti e vasti anche in Toscana da non attirare gli appetiti di gruppi criminali ben organizzati come le mafie storiche italiane o le mafie straniere, e dall'altro ci sono i capitali illeciti, che inquinano l'economia della Toscana.
Il porto di Livorno si evidenzia come hub di ingresso per i traffici in larga scala di droghe e stupefacenti. Quello toscano è tra i mercati più fiorenti tra le regioni italiane, in mano non ad una ma più organizzazioni; ma la Toscana e il porto di Livorno sarebbero uno snodo centrale soprattutto nel traffico internazionale di stupefacenti in ingresso in Europa, in particolare quello di cocaina, diretto da organizzazioni in gran parte riconducibili all''ndrangheta calabrese.
Connessione, forte, tra gioco d'azzardo e usura, riconducibile al clan dei ‘casalesi' e alla malavita casertana, mentre pochi (a Prato nella comunità cinese, in Versilia, Lucchesia e Valdarno) si dimostrano i casi di pizzo e estorsione. Ecco lo sfruttamento della prostituzione, legato a fenomeni di tratta e riduzione della schiavitù, con un ruolo prevalente di gruppi stranieri rispetto a quelli italiani. Ecco il caporalato e lavoro irregolare, con la Maremma e il Senese più esposti di altri territori, e il traffico di rifiuti. La Toscana, secondo le statistiche raccolte e rielaborate ogni anno da Legambiente, si posiziona infatti tra le prime regioni in Italia per fenomeni di criminalità ambientale, anche se va detto che, come accade per molti indici che partono dalla misura di denunce e azioni penali, le regioni più virtuose sul fronte dei controlli sono anche quelle che rischiano di più il possibile paradosso di presentare un numero più elevato di violazioni.
Pochi gli omicidi di matrice mafiosa, in particolare concentrati nei primi anni Novanta. Tra gli ultimi ce n'è uno a Tirrenia, nel 2015, legato a traffici di stupefacenti.
Beni confiscati. La ricerca mostra anche una mappatura dei beni sotto sequestro o confiscati ad associazioni criminali. Il dato, aggiornato ad oggi, ci dice che sono 451, di cui 64 già riutilizzati per uso sociale. Le aziende confiscate sono 46, in gran parte ancora da destinare. Il grosso delle aziende si concentra a Prato e provincia, Lucca, Livorno e Firenze.
Corruzione. La vulnerabilità di certi territori e mercati, come quello degli appalti pubblici, interessa anche le istituzioni. La ricerca passa così in rassegna alla fine anche il fenomeno della corruzione, incrociando i dati dei tribunali con quelli delle notizie apparse sui media. Si parte dalla Toscana, per poi successivamente allargare il raggio a tutta l'Italia. Gli enti locali sono il livello che resta più vulnerabile.
I numeri raccontano una netta linea di tendenza verso la crescita dei reati contro la Pa e in particolare dei reati di corruzione ad Arezzo (dove sono più che triplicati, passati da 36 a 113), a Firenze, Lucca e Prato; sono stabili invece a Livorno, Pisa e Siena. Almeno 21 processi per corruzione, sei per concussione e 39 per peculato sono stati avviati nei tribunali toscani tra il 2014 e 2015. Spiccano, dopo la provincia aretina, i 13 processi per corruzione avviati a Firenze, i 12 per peculato a Grosseto, i 13 sempre per peculato a Pistoia.
La mappatura aiuterà a comprendere quali settori della pubblica amministrazione e quali funzioni e procedure siano più vulnerabili. Irpet e l'Osservatorio regionale sugli appalti, che collaborano, hanno elaborato dei primi indicatori di anomalia a partire da un'analisi di tutti i contratti banditi dalle amministrazioni pubbliche che operano in Toscana. Questi indicatori di rischio saranno messi a disposizione sia delle amministrazioni – per aiutarle nell'elaborazione dei piani anticorruzione previsti dalla normativa nazionale - sia di tutta la società civile, che così potrà vigilare sui comportamenti delle istituzioni pubbliche.
"Non c'è, ad oggi - spiega Enrico Rossi - in Toscana una presenza territoriale organizzata della mafia. Ma domani potrebbe accadere. Già oggi del resto la Toscana è terra dove le mafie e la criminalità investono e sono state certificate presenze preoccupanti: sulla gestione dei rifiuti, sulle tratte e il caporalato, sul commercio della droga o i traffici del porto di Livorno. E non dobbiamo farci dunque trovare impreparati. Serve un'attenzione consapevole, anche quando non ci sono grossi titoli, perché chiudere gli occhi in questi casi è esiziale. La Toscana è attraversata da tutte le contraddizioni dell'epoca che stiamo vivendo. Serve uno screening periodico per evitare sorprese e far sì c he l'intervento chirurgico sia meno invasivo e con maggiori possibilità di successo. Chi sa può contrastare meglio ma sapere smuove anche la coscienza civile e questa è una grande ricchezza della Toscana: un tessuto sociale reattivo riconosciuto anche da più di un magistrato, vivo anche nelle istituzioni quando non si chiudono in se stesse e decidono di collaborare. Ed è quel fuoco attivo che ci permetterà di non fare passi indietro che con questa ricerca vogliamo stimolare, affinché i cittadini che sanno si facciano coraggio e montino le scale delle procure denunciando anomalie di ogni sorta".