La peste a Firenze
Una malattia che uccise 100mila persone
lunedì 15 aprile 2019 13:59
La peste a Firenze fece la sua prima comparsa, secondo M.S. Mazzi, nel 1348 e ridusse la popolazione del 28%. Fu, probabilmente, l'epidemia peggiore poichè trovò la città totalmente impreparata. Le scarse condizioni igeniche in cui versava la popolazione e la maltrunizione favorirono il diffondersi dell'epidemia.
In concomitanza con la peste nera ci fu anche una terribile crisi economica: diminuì la richiesta di prodotti artigianali crreando disoccupazione e problemi alle botteghe dei mercanti e molte banche fallirono poicè i sovrani d'Europa a cui avevano prestato soldi non riuscivano a rendere loro il denaro.
Secondo le conoscenze dell'epoca, in parte riportate da Giovanni Boccaccio nel Decameron, la malattia aveva avuto origine nell'India Superiore e si manifestava con ghiandole che sputavano sangue nella zona delle ascelle e dell'inguine. Secondo Matteo Villani il male era stato portato in Occidente "da dodici maledette galee genovesi che troppo tardi vennero cacciati dai porti" e si manifestò in primavera, nel mese di marzo.
Dopo la prima ondata della malattia Firenze iniziò a correre ai ripari: secondo i documenti dell'epoca si istituì una profondità di sepoltura standard per evitare i contagi attraverso i cadaveri. Prima di questa ordinanza i corpi venivano disposti in fosse comuni, separati da un velo di terra. Nel 1448 si istituì un organismo permamente di "governo" che doveva occuparsi del problema della pesta quando la malattia si ripresentava.
La morte nera, infatti, ricomparve a fasi alterne fino al 1630, provocando ogni volta numerose vittime, nonostante le misure sanitarie sempre crescenti. I possibili contagiati erano obbligati a portare un pezzetto di stoffa bianca attaccato ai vestiti, per dare modo agli altri di "proteggersi" dal contagio. Non esistevano medicine specifiche, i truffatori erano moltissimi e in molti angoli della città si promettevano magici rimedi che evitavano il contagio da questa malattia. Il rimedio più comune era quello di camminare per le strade, evitando comunque di stare per troppo tempo all'aperto, con un mazzetto di erbe e fiori selvatici e aromatici sotto il naso.
I malati di peste venivano rinchiusi nei lazzaretti, ove spesso venivano lasciati morire. I corpi, dopo la dipartita, venivano bruciati. Gli orfani venivano raccolti nel convento di Santa Maria Novella e sfamati dai frati.
Nel cimitero dell'ospedale di Santa Maria Novella, nel 1898, fu ritrovata una lapide dove si legge "In questo cimitero sono seppelliti XX mila corpi e' quali morirono in questo luogo di peste l'anno MCCCCLXXIX". La lapide si trova adesso, secondo quanto riporta Luigi Pruneti, presso il convento di San Marco.