Sfruttamento in ditte di confezioni, operai al lavoro anche 14 ore al giorno: due arresti a Prato
I lavoratori venivano pagati 13 centesimi per ogni capo di abbigliamento prodotto
giovedì 17 ottobre 2024 13:27
Quattro misure cautelari nei confronti di imprenditori cinesi coinvolti in attività di sfruttamento lavorativo di numerosi operai presso due ditte di confezioni a Prato.
L’indagine è iniziata con la denuncia alla Procura della Repubblica di Prato di un lavoratore cinese irregolare sul territorio nazionale. L’operaio aveva lavorato per alcuni mesi presso una ditta di confezioni per abbigliamento, ininterrottamente per tredici ore al giorno, 7 giorni su 7, in luoghi privi di cautele prevenzionistiche, senza alcuna tutela, percependo un salario miserevole e dimorando in un alloggio di fortuna ricavato nel sottotetto di un'abitazione. L'attività investigativa ha permesso di localizzare il capannone presso il quale il denunciante aveva lavorato, ubicato nella zona dell'Ippodromo di Prato. All'interno sono stati trovati due siti produttivi, tra loro collegati, di fatto gestiti da due nuclei familiari di origine cinese, inquadrati come dipendenti, i quali avevano operato precedentemente, in una sorta di continuità aziendale, attraverso altre imprese dislocate nel medesimo immobile, una subentrata all'altra con nuova denominazione e partita IVA, al fine di sottrarsi ai controlli delle istituzioni e ai debiti maturati con I'erario.
Gli accertamenti hanno consentito di riscontrare che presso il capannone avveniva la produzione di capi d'abbigliamento di distinte ditte individuali, le quali avevano come "terminali" i rispettivi showroom per la vendita.
Dalle indagini sono emersi, in danno di almeno 24 extracomunitari, di cu 4 clandestini, evidenti indici di sfruttamento lavorativo: turni massacranti fino a 13 ore, con punte di 14 ore, per 7 giorni settimanali; stipendi mensili corrisposti in modo irregolare, in contanti e "a nero”; nessuna garanzia in termini di tutele sindacali ed in tema di malattia, riposi settimanali, tredicesima e ferie.
Parte dei lavoratori era inoltre alloggiata in dormitori funzionali al sito di produzione, caratterizzati da condizioni igienico-sanitarie carenti e da sovraffollamento.
Inoltre, nel corso delle indagini sono stati rinvenuti anche i "diari di lavoro" manoscritti da ciascun lavoratore, ove veniva annotata la produzione giornaliera e le rispettive paghe corrisposte, la cui disamina ha consentito di ricostruire il prezzo pagato per ogni capo di abbigliamento prodotto, pari a circa 13 centesimi.
Nel contesto investigato, è emersa chiaramente la volontà dei gestori di fatto di massimizzare il profitto a qualunque costo (sociale, umano, sanitario, previdenziale), creando un’evidente distorsione economico-concorrenziale con le altre aziende del medesimo settore che rispettano le regole e sopportano costi maggiori.
Sono state così eseguite due misure degli arresti domiciliari nei confronti di due gestori occulti di ditte individuali, mentre per due dei loro familiari è stata disposta la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Prato. È stata, poi, data esecuzione a un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Prato, sempre su richiesta della Procura, finalizzato alla confisca del profitto del reato, costituito dai debiti previdenziali dovuti, per un importo complessivo pari a oltre 184mila euro.
Il denunciante è stato inserito nel percorso di tutela previsto dal Protocollo d'intesa contro lo sfruttamento e ha ottenuto, su richiesta della Procura della Repubblica, un permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 18 D. Lgs.286/98 (T.U. sugli immigrati), in assenza della possibilità di applicare la normativa sui collaboratori di giustizia, prevista solo per i cittadini italiani.
L'attività investigativa si è nutrita del prezioso contributo dei militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Prato e del Dipartimento della Prevenzione e Sicurezza sui luoghi di lavoro dell'AUSL Toscana Centro.
Le risultanze delle attività eseguite saranno vagliate dal giudice preposto e, dunque, la responsabilità delle persone sottoposte alle indagini dovrà essere valutata nelle successive fasi del procedimento penale. Il principio di non colpevolezza che vige nel nostro ordinamento impone di ritenere accertata la responsabilità penale solo all'esito di una pronuncia di condanna definitiva.