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Scoperto un ritratto di Filippo Brunelleschi risalente al primo Rinascimento

La scultura è stata acquistata dall'Opera di Santa Maria del Fiore

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giovedì 23 maggio 2024 13:58

L’Opera di Santa Maria del Fiore ha acquistato un’inedita scultura del primo Rinascimento che ritrae Filippo Brunelleschi, il grande architetto celebrato già dai contemporanei per la grandiosa impresa della Cupola del Duomo di Firenze e quale fautore della Rinascita delle arti nel primo Quattrocento.

 

Si tratta di una testa in terracotta (cm 25,6 x 22,1 x 20,2) modellata senza l’ausilio di un calco, plasmando un compatto blocco di argilla quasi pieno, come testimonia anche il peso considerevole (kg. 7,1), realizzata da Andrea di Lazzaro Cavalcanti detto il Buggiano (1412 - 1462), figlio adottivo e unico erede di Brunelleschi, all’indomani della morte del padre.

 

L’eccezionale scoperta si deve agli storici dell’arte Giancarlo Gentilini e Alfredo Bellandi che hanno identificato in questa scultura il modello realizzato dal Buggiano, presumibilmente tra febbraio e marzo del 1447, per il busto marmoreo del Brunelleschi destinato al monumento commemorativo nel Duomo di Firenze a lui affidato dagli Operai dell’Opera di Santa Maria del Fiore.

 

La scultura, rinvenuta tra gli arredi di una dimora storica dell’area fiorentina - incredibilmente sopravvissuta a quasi 700 anni di vita, considerato la delicatezza del materiale di cui è fatta - è stata acquistata dall’Opera di Santa Maria del Fiore per 300 mila euro e, dopo il restauro, sarà esposta in mostra per poi entrare a far parte della collezione del Museo dell’Opera del Duomo.

 

Si può senza dubbio dire che si tratta di una scoperta eccezionale perché, oltre all’indubbio valore dell’arte di Andrea Cavalcanti, sono rarissimi i ritratti del Brunelleschi coevi o di poco successivi alla sua morte. A parte quello nel monumento marmoreo nella Cattedrale di Firenze e la maschera mortuaria nel Museo dell’Opera del Duomo, se ne conoscono solo altri due in pittura: il profilo giovanile inserito da Masaccio negli affreschi della Cappella Brancacci al Carmine, nella scena raffigurante San Pietro in cattedra (1427-28), e quello assai più modesto nella nota tavola conservata nel Museo del Louvre, attribuita dal Vasari a Paolo Uccello e oggi discussa con una datazione verso il 1470. Va aggiunto che si tratta di una delle più antiche effigi in terracotta esistenti, non lontana dal celebre busto di Niccolò da Uzzano riferito a Donatello o Desiderio da Settignano (Firenze, Museo Nazionale del Bargello) che quindi costituisce anche una significativa testimonianza della rinascita di un genere quale fu il ritratto scultoreo tra i più rappresentativi del nuovo spirito dell’Umanesimo.

 

“La testa in terracotta con le fattezze del volto di Filippo Brunelleschi fu plasmata da Andrea Cavalcanti (il Buggiano), che di Filippo fu figlio adottivo ed erede - afferma Antonio Natali, consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore - È noto che entrambi ebbero dall’Opera di Santa Maria del Fiore incarichi ragguardevoli: di Brunelleschi non importa dire, mentre del Buggiano andranno ricordati i mirabili lavabi umanistici nelle sagrestie del duomo e, in questo frangente, soprattutto il monumento celebrativo di Brunelleschi in cattedrale, che ha il suo modello proprio nell’odierna testa di terracotta. Della quale, con queste premesse, ognuno capirà come fosse perfino ineluttabile l’acquisizione da parte dell’Opera di Santa Maria del Fiore”.

 

“Riteniamo che sia davvero un’opportunità eccezionale, un privilegio impensabile, poter presentare l’inedito, vivido ritratto di Filippo Brunelleschi, modellato dal figlio adottivo, Andrea Cavalcanti, all’indomani della sua morte, affermano Giancarlo Gentilini e Alfredo Bellandi. Come ben si desume da molteplici aspetti formali e tecnici, l’opera che qui presentiamo è dunque da ritenere il modello approntato dal Buggiano per l’esecuzione del ritratto marmoreo. Si tratta di un ritratto ‘al vero’, considerando che Brunelleschi era notoriamente “piccolo di persona e di fattezze” (Vasari 1568), e le misure del volto (forse leggermente ridotte dal consueto ‘ritiro’ dell’argilla) sono sostanzialmente equiparabili a quelle che si ravvisano nella maschera mortuaria in gesso e nell’effigie marmorea, ma rispetto al calco facciale l’immagine, ora priva della contrazione del rigor mortis, assume proporzioni più armoniche, il volto è quasi iscrivibile in una sfera”.

 

L’opera necessita di un restauro, in quanto seppur integra (a parte un’unica lacuna nel mento, che una vecchia, maldestra integrazione in gesso fa sembrare più estesa), presenta diffuse scalfitture e residui di una velatura gessosa e  tracce di varie stesure pittoriche (una con apparenti tonalità naturalistiche e almeno due di colore bruno, forse per simulare il bronzo, posteriori al restauro del mento).

 

 

 
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