Il ginocchio: anatomia, fratture, fisioterapia
Tutto quello che c'è da sapere sul ginocchio: ce ne parla il Centro Zen Firenze
venerdì 10 giugno 2022 15:49
ANATOMIA DEL GINOCCHIO
OSSA DEL GINOCCHIO
Le ossa del ginocchio sono il Femore (che parte dell'anca e arriva del ginocchio), la tibia ed il perone (che si trovano invece nella parte inferiore della gamba). Il perone si articola con la tibia, formando in basso l’articolazione della caviglia. La rotula è situata al centro del ginocchio, davanti al femore e alla tibia.
LEGAMENTI E MENISCHI DEL GINOCCHIO
Questa articolazione è stabilizzata da una capsula articolare e da un'importante rete di legamenti: legamenti collaterali, legamenti crociati, legamenti alari e legamento rotuleo.
I legamenti crociati si chiamano così perché inserendosi in punti diametralmente opposti, il loro decorso forma una X. Si tratta di due legamenti, legamento crociato anteriore e posteriore, posti all’interno della capsula articolare del ginocchio. Hanno l'obiettivo di stabilizzare il movimento del ginocchio, in particolare quello di traslazione.
I menischi sono due uno mediale e un altro laterale poggiano sul piatto tibiale. Sono costituiti da tessuto connettivo fibroso e hanno il compito di ammortizzare il carico tra tibia e femore. Il menisco è una struttura di tessuto connettivo fibroso. Il menisco ha la funzione di stabilizzare i movimenti del ginocchio, soprattutto in rotazione, e di ammortizzare il carico che dal femore si proietta sulla tibia.
MUSCOLI DEL GINOCCHIO
I principali fasci muscolari che attraversano il ginocchio sono:
Il quadricipite femorale (la cui contrazione fa estendere la gamba e flettere la coscia sull’anca) ed il bicipite femorale (il quale assieme al semitendinoso e al gracile fa flettere il ginocchio).
I muscoli che fanno muovere il ginocchio sono molti, i principali sono il quadricipite, il tensore della fascia lata, il popliteo interno ed esterno, il bicipite femorale, il semimembranoso, il semitendinoso ed il sartorio.
NERVI DEL GINOCCHIO
Il nervo crurale controlla i muscoli flessori dell'anca e i muscoli estensori del ginocchio. A livello sensitivo, invece, controlla la sensibilità di parte della coscia, del lato interno della gamba e del piede. Il nervo sciatico popliteo esterno (SPE) parte invece dal ginocchio ed attraversa la parte esterna della gamba.
FRATTURE DEL GINOCCHIO
Le fratture del ginocchio possono essere catalogate in 4 gruppi:
â Fratture della rotula
â Fratture del piatto tibiale
â Fratture dell’estremità distale del femore
â Fratture della testa del perone.
SINTOMI
Come per ogni frattura ossea, all’anamnesi, all’esame obbiettivo, ai test clinici e palpatori segue la visione degli esami diagnostici. L’esame che viene sempre prescritto quando si ha un sospetto di frattura è la radiografia, chiamata anche RX. Nel caso in cui il medico volesse fare più indagini prescrive la risonanza magnetica.
In una frattura di ginocchio va tenuto conto della sede della lesione, della causa e dello stato fisico del paziente.
In generale tutte le fratture di ginocchio presentano tumefazione (con eventuale ecchimosi ed ematoma), dolore, impossibilità funzionale (ad esempio non si a stare in piedi sulla gamba ferita), calore in prossimità della frattura.
Nel caso di fratture composte segue quasi sempre immobilizzazione e ciclo fisioterapico, mentre nel caso di fratture scomposte è molto probabile che verrà considerata un’operazione chirurgica.
LE FRATTURE DELLA ROTULA
Queste fratture sono provocate quasi sempre da un forte trauma diretto, il loro trattamento è sempre di tipo conservativo (immobilizzazione e fisioterapia) e possono essere:
â Fratture comminute: con lesioni pluriframmentate,
â Fratture trasversali,
â Fratture sagittali: si ha una rima di frattura verticale;
â Fratture parcellari e infrazioni: si tratta di lievi fratture composte.
LE FRATTURE DEL PIATTO TIBIALE
Le fratture del piatto tibiale possono essere del condilo esterno, condilo interno, di entrambi i condili. Il trauma è quasi sempre di origine indiretta, per una compressione del condilo femorale sul piatto tibiale dello stesso lato. Le fratture del piatto tibiale invece avvengono spesso a seguito di cadute da cavallo o dalla moto. Ad eccezione della frattura scomposta, di solito è indicato il trattamento conservativo (immobilizzazione e Fisioterapia) .
LE FRATTURE DELL’ESTREMITÀ DISTALE DEL FEMORE
Si dividono in fratture sovracondiloidee e fratture condiloidee: le prime sono meno frequenti e vengono trattate quasi sempre con approccio conservativo, mentre le seconde possono riguardare un solo condilo oppure entrambi (fratture bicondiloidee). I meccanismi lesivi sono rappresentati da importanti sollecitazioni in varismo, in valgismo o per cadute dall’alto. Nel caso di operazione chirurgica l’immobilizzazione è di almeno un mese con un gesso femoro-podalico.
LA FISIOTERAPIA PER LE FRATTURE DI GINOCCHIO
La fisioterapia in questo tipo di condizioni può essere di tipo conservativo oppure correlata ad un’operazione, il cui ciclo è suddiviso in due tempi: preoperatorio e postoperatorio. In ogni terapia vengono applicate delle tecniche manuali (il massaggio e la mobilizzazione) e la mobilizzazione passiva, mediante mezzi fisici ad alta tecnologia (come laser, tecarterapia, magnetoterapia) ed esercizi per il recupero della massa muscolare e della stabilità del ginocchio. I tempi del ciclo fisioterapico variano in base a all’età del paziente, il tipo di trauma e di frattura, il tipo di operazione ed il tempo di immobilizzazione.
LESIONE DEL MENISCO E DEI CROCIATI
SINTOMI PER LA LESIONE DEL MENISCO
Quando un menisco viene leso si avvertirà dolore nella parte mediale o laterale del ginocchio e dolore nel muovere il ginocchio, soprattutto nel ruotare esternamente o internamente, nella massima flessione o nella massima estensione, nelle manovre di stress in valgismo o varismo con ginocchio semiflesso. La lesione non è sempre causata da un brusco trauma, ma anche da una disfunzione di movimento (un problema nel movimento dell’articolazione), la quale se protratta nel tempo potrebbe dar luogo a degenerazioni chiamate “meniscopatie”.
SINTOMI PER LA LESIONE DEI LEGAMENTI CROCIATI
Quando un legamento crociato viene leso, si avvertirà dolore sia alla palpazione che al movimento, l’articolazione sarà instabile soprattutto nei movimenti di traslazione antero-posteriore, vi sarà difficoltà al movimento, calore e sarà presente un edema ed ematoma.
RIMEDI PER LA LESIONE DEL MENISCO E DEL LEGAMENTO CROCIATO
La lesione che riguarda il menisco o il legamento crociato può essere trattata mediante terapia conservativo (la fisioterapia) oppure con tecniche invasive (fisioterapia preoperatoria, chirurgia, fisioterapia postoperatori).
FISIOTERAPIA PER LA LESIONE DEI LEGAMENTI CROCIATI E PER I MENISCHI
La fisioterapia conservativa dell’integra le tecniche manuali (per migliorare il movimento articolare), i mezzi fisici ad alta tecnologia ( come laserterapia, tecarterapia, correnti antalgiche, ultrasuono, crioterapia), ed esercizi e posture (per recuperare la forza muscolare ed il controllo motorio).
La fisioterapia pre e post operatoria utilizza gli stessi elementi (ad eccezione per i mezzi fisici) ma con diverse modalità. Eseguire un ciclo di fisioterapia preoperatoria riduce i tempi di recupero e prepara il paziente sia all’operazione sia al percorso terapeutico successivo.
CHIRURGIA PER LA LESIONE DEI LEGAMENTI CROCIATI E PER I MENISCHI
C’è un'importante differenza tra la chirurgia che avviene per le lesioni meniscali e quella per le lesioni legamentose. Nel caso di lesioni l’obiettivo è di rimuovere la parte lesionata, si chiama “mescectomia”, nel secondo caso invece l’obiettivo è di sostituire il tessuto legamentoso con un altro.
MORBO DI OSGOOD-SCHLATTER
Questa Sindrome rientra nelle patologie di osteocondrosi, ovvero di un processo degenerativo del tessuto nervoso, in questo caso di quello della tuberosità tibiale anteriore. La tuberosità tibiale anteriore è l’area della tibia su cui si inserisce il legamento patellare ( il tendine del muscolo quadricipite). Le persone che sono colpite da questa sindrome sono principalmente i ragazzi, in particolare il sesso maschile, in un’età compresa tra i 10 e i 15 anni. Ne soffrono soprattutto coloro che praticano un’intensa attività fisica come ad esempio il calcio.
SINTOMI
I Sintomi del Morbo di Osgood-Schlatter sono la presenza di una prominenza ossea in corrispondenza dell'inserzione del tendine del quadricipite sulla tibia, del dolore al ginocchio, di edema e di calore in corrispondenza della zona dolente.
CAUSE
Una causa specifica vera e propria non è ancora stata identificata, sicuramente un’attività fisica continua e ripetuta con coinvolgimento degli arti inferiori può predisporre a questa condizione. Oltre allo stress meccanico, sono stati riconosciuti anche altri fattori come: le predisposizioni genetiche – ereditarie, un’alterazione dell’equilibrio fra la crescita del tessuto osseo e quella del tessuto muscolare e legamentoso.
DIAGNOSI
La diagnosi è effettuata dal medico specialista, che rileverà la presenza di gonfiore e dolore locare sia alla pressione manuale che durante i movimenti di flesso estensione sotto carico. Non è un caso infatti se i pazienti che soffrono di questa patologia hanno dolore proprio quando salgono le scale. Di norma la diagnosi è confermata da un’esame RX in doppia proiezione che confermi la degenerazione ossea sospettata all’esame clinico.
RIMEDI
Il morbo di Osgood Schlatter ha una risoluzione spontanea in corrispondenza del completamento della crescita ossea, che può avvenire anche due anni dopo l’inizio della sintomatologia. Per controllare il dolore e lo stato infiammatorio, si prescrivono dei cicli di fisioterapia che consistono nell’applicazione di tecniche manuali, come mobilizzazioni articolari, dei tessuti molli e massoterapia, e terapia fisica. I mezzi fisici ad alta tecnologia più utilizzati per questa patologia sono la tecarterapia, l’ipertermia, gli ultrasuoni ed il laser ad alta potenza.
CISTI DI BAKER
La Cisti di Baker prende il nome dal medico W. Baker che per primo ne studiò le caratteristiche, nel lontano 1877. Si tratta di una “cisti” ossia una sacca contenente liquido, che si forma nella parte posteriore del ginocchio. Proprio per la sua posizione è chiamata anche “cisti poplitea”, poiché è situata nella cavità omonima. È visibile ad occhio nudo quando il ginocchio è in estensione e le dimensioni variano da caso a caso ed è possibile la presenza di più cisti nella stessa area.
CAUSE
Le cause relative a questa condizione sono divise in due gruppi:
â Cause idiopatiche: ossia per motivi sconosciuti, ed è tipica in età giovanile. â Cause secondarie: quando si forma in seguito ad un trauma, ad una patologia o ad un’operazione chirurgica, ed è una forma tipica dell’età adulta. Le patologie in stretta correlazione con la formazione della cisti di Baker possono essere le artriti e altre patologie reumatiche, le lesioni legamentose, quelle osee e quelle muscolari.
SINTOMI
La cisti di Baker non è sempre connessa ad una condizione clinica sintomatica. Per questo motivo e per la regione in cui si sviluppa (che non è di costante visibilità) molti pazienti non sanno dare indicazioni precise riguardanti l’esordio di questa cisti.
Nei casi di cisti sintomatica i pazienti lamentano soprattutto dolore locale, gonfiore, rigidità al movimento dell’articolazione e presenza di scroscio articolare (“crack”) durante la mobilizzazione del ginocchio.
Le complicazioni, seppur rare, in seguito a tale fenomeno possono essere la fuoriuscita della componente liquida della cisti, formazione emorragica, infezione, compressione nervosa data dalla cisti, calcificazione della/e cisti di Baker con conseguenti problematiche alla funzionalità articolare.
DIAGNOSI
La diagnosi è effettuata da un medico, il quale, dopo un’anamnesi iniziale, esegue dei test clinici. Normalmente per avere un’idea più precisa della cisti si prescrive un esame ecografico e la RMN (risonanza magnetica) poiché consente di vedere tutta l’articolazione e l’eventuale compromissione dei tessuti.
RIMEDI
I rimedi si applicano in funzione della causa che ha prodotto la cisti. La Fisioterapia è sempre la prima opzione e solo se questa non dovesse portare alcun risultato, verrà valutato un approccio invasivo mediante l’aspirazione o l’asportazione chirurgica della cisti.
FISIOTERAPIA
Per ridurre i sintomi si utilizzano mezzi fisici ad alta tecnologia come il laser ad alta potenza, la tecarterapia, l’ipertermia e gli ultrasuoni.
In alcuni casi il medico indicherà l’utilizzo dei FANS e di calze compressive per ridurre i sintomi.
SINDROME FEMORO ROTULEA
la sindrome femoro rotulea è una condizione di dolore nella parte anteriore del ginocchio, ed avviene quando la rotula, invece di scorrere nella gronda femorale, tende a spostarsi lateralmente e quindi a scontrarsi con le pareti, L’attrito prodotto, oltre a causare dolore intenso, a lungo andare concorre all’instaurarsi della patologia artrosica.
SINTOMI E CAUSE
I sintomi principali sono il dolore localizzato nella parte anteriore del ginocchio (che aumenta camminando e flettendolo), il sentire “scrocchiare” l’articolazione ed in alcuni casi il gonfore.
Le cause principali di questa sindrome sono l’ipotrofia del quadricipite (il muscolo è poco sviluppato e non riesce a mantenere la rotula nella sua sede naturale), un’anomalia anatomica della gronda femorale (il naturale alloggiamento rotuleo presenta una forma che mal contiene la rotula) ed un sovraccarico dell’articolazione durante la flessione del ginocchio.
DIAGNOSI
Generalmente al medico basterà una semplice radiografia eseguita con il ginocchio in flessione e solamente nei casi più dubbi procederà ad una risonanza magnetica o ad una TAC.
RIMEDI
Il trattamento della sindrome femoro rotulea dipende dall’intensità dei sintomi: se l’infiammazione è molto forte si procederà all’immobilizzazione ed a cicli di Tecarterapia, Laserterapia, oppure di onde d’urto.
Una volta superata la fase più dolorosa, il percorso riabilitativo a cui sottoporsi prevede:
â la terapia manuale per l’allungamento ed il rinforzo muscolare,
â il taping per correggere il mal allineamento della rotula,
â I plantari
Al termine di ogni ciclo riabilitativo si consiglia sempre un percorso di rieducazione posturale per diminuire le possibili cause di questa patologia.
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