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'La disabilità è solo una caratteristica che accomuna tutti noi in qualcosa'. Intervista a Iacopo Melio

'Io non sono la mia carrozzina, così come nessuno sarà mai il suo paio di scarpe. Ognuno di noi è le proprie abilità, non le proprie difficoltà'

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sabato 28 dicembre 2019 13:47

Iacopo Melio, classe 92, è un ragazzo nato vicino a Firenze, "con quattro ruote per spostarsi perché nato comodo". 

 

Il 31 Gennaio 2015 ha fondato la Onlus “#vorreiprendereiltreno“, diventata un punto di riferimento nazionale per la disabilità e nel 2017 ha vinto il premio “Cittadino Europeo”. Il 29 Dicembre 2018 è stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana “motu proprio” dal Presidente Sergio Mattarella “per il suo appassionato contributo alla causa dell’abbattimento delle barriere architettoniche e degli stereotipi culturali”.

 

Da grande si immagina scrittore fallito e poeta per nessuno, ma ricco di sogni e di speranze, “scandalosamente felice”.

 

Lo abbiamo intervistato per capire come la sua vita sia cambiata e quali siano i suoi piani per il 2020.

 

Cosa è cambiato nella sua vita da quando ha fondato la Onlus "Vorrei prendere il treno"?

A livello personale direi che è cambiato molto poco, e sono felice di questo: sono rimasto il solito “bischero” di prima, semplicemente con molti più impegni e un lavoro doppio (ma direi anche triplo, spesso) oltre al lavoro mio “vero”, quello fatto di parole da costruire e di storie da incrociare giorno dopo giorno, tra articoli di giornale e libri da portare in giro. Le mie giornate, in questo senso, sono un cambiamento continuo dovuto proprio alle persone che con sorpresa incontro sul mio percorso.
 

Lei come si sente cambiato?

Sono sicuramente maturato, sia a livello personale che professionale. La visibilità social è cresciuta a livello esponenziale, nel 2012, proprio in un periodo delicato della mia vita fatto di ansia e attacchi di panico: è stata una vera e propria terapia d’urto, o lasciavo perdere del tutto o potevo soltanto coglierla per provare a farne qualcosa di buono, sfidando i problemi di quel “momento no”. Così mi sono ritrovato dall’avere difficoltà a fare una domanda in un’aula universitaria al professore, al parlare davanti a centinaia di persone delle mie idee di inclusione, libertà e uguaglianza. Questo, col tempo, mi ha reso più sicuro fino, in un certo senso, a “salvarmi” da quel periodo. E questo inevitabilmente ha inciso in modo positivo anche sul mio lavoro, insegnandomi a rapportarmi agli altri in un mondo che ancora non avevo conosciuto o, per lo meno, non in certi contesti così istituzionali, anche importanti, che prima mi avrebbero spaventato e che oggi vivo quasi con frequenza.


La sua onlus ha molti progetti e ha aiutato molte persone. C'è un traguardo o un progetto a cui tiene molto e che vorrebbe realizzare?

Non abbiamo mai obiettivi “distanti”, fissati a lungo termine: ciò che facciamo lo realizziamo giorno dopo giorno, traguardo dopo traguardo, lasciandoci ispirare sul momento dalle idee che ci vengono o dalle esperienze con le quali entriamo in contatto. Perciò non saprei dire qualcosa che proprio ci piacerebbe fare. Di sicuro vorremmo mantenere attivo per tanti anni un servizio a noi molto caro: ogni Natale, anche questo anno, lanciamo una raccolta fondi per raccogliere 4.000 euro necessari ad offrire un anno di Pet-Therapy in un reparto di pediatria (il 2020 lo rinnoveremo all’ospedale Santa Chiara di Pisa). Questo è un impegno che ci siamo presi e che da tre anni stiamo mantenendo, con particolare orgoglioso.


Lei ha scritto tre libri. L'ultimo (Buonisti) è uscito da pochissimo. Ci racconta di cosa parla e cosa vuol dire per lei vedere il suo nome in copertina?

Con “Buonisti” ho sentito il bisogno di parlare di odio su internet, di haters ed hate-speech, di bullismo e violenza online: tematiche purtroppo attuali, e che vivo io stesso sulla mia pelle con il mio lavoro sul web. Non volevo analizzare soltanto il fenomeno, raccontando esempi e casi concreti (altrui e personali), ma volevo anche offrire riflessioni, spunti e contro-narrazioni per ricordare che, insieme, possiamo davvero combattere l’ignoranza e la disinformazione per contrastare l’odio. E ho fatto questo trattando l’argomento in modo serio, ma anche simpatico e autoironico per provare a sdrammatizzare e ridimensionare le paure. Vedere il mio nome in copertina è sempre un privilegio e un onore, ma non devo dimenticarmi che è anche un lavoro: perciò ho massimo rispetto e cura delle mie parole e soprattutto della fiducia di chi ogni volta sceglie di leggermi, cercando di diffondere sempre contenuti positivi e, possibilmente, in grado di smuovere qualcosa nella testa degli altri. Scrivo sempre per provare costruire e lasciare qualcosa, anche solo fosse minuscola.


Parliamo della nostra realtà locale, Firenze. Se dovesse fare un bilancio del suo operato in questi ultimi anni sarebbe positivo? Qual è il progetto a cui è maggiormente legato?

All’interno della città di Firenze, purtroppo, non abbiamo ancora realizzato progetti concreti e tangibili se non piccole occasioni di sensibilizzazione. Siamo molto attivi però in tutta la provincia, ad esempio da cinque anni (praticamente dalla nascita della Onlus) abbiamo una macchina completamente accessibile che ogni giorno porta, nel Comune di Cerreto Guidi, ragazzi con disabilità a scuola: obiettivo raggiunto, come per tutti gli altri, soltanto grazie alle donazioni di privati cittadini (senza quindi l’utilizzo di finanziamenti pubblici). Inoltre, sempre per ragazzi con disabilità e le loro famiglie, abbiamo aperto uno sportello di ascolto psicologico qualificato (disponibile sul territorio, presso la nostra sede a Cerreto Guidi, e online per chi si trova in tutta Italia), completamente gratuito e senza vincoli. Vedere che tutto quello che abbiamo realizzato e che continueremo a fare è stato possibile grazie a tante piccole gocce è una soddisfazione unica, perciò il bilancio non può essere che positivo.


Cosa direbbe ad un ragazzo disabile oggi? Quali sarebbero le parole che userebbe per dare forza?

Non direi niente a un ragazzo “disabile”, semplicemente perché mi rivolgerei ad un “ragazzo” in quanto tale e basta. La disabilità è soltanto una caratteristica che accomuna tutti noi in qualcosa. Gli farei infatti capire che ognuno ha delle difficoltà, sempre diverse, perché nessuno sa fare tutto, così come sempre ognuno ha delle abilità e dei punti di forza unici che altri magari non hanno. Con gli strumenti giusti chiunque può dare e fare molto, mettendosi in gioco, ed essere una risorsa fondamentale per questa società: è un diritto che le Istituzioni devono garantire e un dovere che le persone con disabilità devono mantenere. Basta solo volerlo e siamo tutti degli ingranaggi importanti nel motore del cambiamento sociale.

 

 

 
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