Messa di Natale alle Piagge, l'omelia dell'Arcivescovo Gherardo Gambelli
'Desidero ringraziare don Alessandro e tutti i membri della comunità delle Piagge per il loro impegno nei confronti dei poveri e degli esclusi'
mercoledì 25 dicembre 2024 12:53
Nel giorno di Natale l'Arcivescovo Gherardo Gambelli ha celebrato la Messa alle Piagge.
"Il giorno di Natale andrò a celebrare la messa alle Piagge, alla periferia della città, il mio vuole essere un segno di attenzione alle situazioni sociali più complesse e disagiate e per questa volta ho scelto questo luogo", aveva annunciato l'Arcivescovo, che dopo la Messa si è recato al pranzo di Natale promosso dalla Comunità di Sant'Egidio a Spazio Reale a San Donnino.
Il cardinale Giuseppe Betori ha invece presieduto la celebrazione di Natale in Cattedrale.
Ecco il testo dell'omelia proclamata stamattina dall'Arcivescovo nella chiesa delle Piagge, accanto al sacerdote della zona Don Alessandro Santoro (e con indosso la sua stola arcobaleno).
"Possiamo riflettere sul Vangelo di oggi a partire da tre immagini: la luce, la tenda, il racconto. La prima immagine è quella della luce: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Un’associazione umanitaria che si occupava dei ciechi in Ciad aveva come slogan “La vue c’est la vie”, la vista è la vita, il dono della luce è la vita perché ci permette di orientarci nel cammino. Ora però il testo del prologo di S. Giovanni dice che la vita era la luce (“La vie c’est la vue”), la vita di Gesù, la sua nascita la sua morte la sua risurrezione, ci illuminano, ci permettono di dare senso alla nostra esistenza. La buona notizia viene soprattutto dalla seconda parte della frase, in cui si specifica che nonostante il rifiuto, la luce non è soffocata, non è vinta dalle tenebre (“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”). In Gesù, suo Figlio, Dio ci mostra che il suo amore è senza condizioni, anzi è capace di far concorrere tutto al bene, perfino il nostro peccato, quando lo riconosciamo e lo affidiamo alla sua misericordia. Per fare in modo che la vita di Gesù diventi luce per il nostro cammino, è necessario rinascere, lasciarsi generare dalla forza dello Spirito Santo: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da voler di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Celebrando il Natale siamo invitati a rinascere: Dio si rivela proprio come colui che si fa conoscere al tempo stesso in cui ci fa rinascere.
La seconda immagine è quella della tenda. Dice infatti il testo nella lingua originale: “E il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi”. L’immagine della tenda ci ricorda le vicende dell’Esodo: Dio che cammina con il suo popolo e nel suo popolo. L’evangelista mettendo l’accento sulla concretezza dell’incarnazione, ci aiuta a difenderci dal rischio dello gnosticismo. Papa Francesco dice che gli gnostici sono quelli che “concepiscono una mente senza incarnazione, incapace di toccare la carne sofferente di Cristo negli altri, ingessata in un’enciclopedia di astrazioni. Alla fine, disincarnando il mistero, preferiscono un Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa, una Chiesa senza popolo” (GE 37). Desidero ringraziare don Alessandro e tutti i membri della comunità delle Piagge per il loro impegno nei confronti dei poveri e degli esclusi, perché con il loro esempio e le loro parole ci ricordano la verità del Vangelo: il più grande è colui che si fa l’ultimo e il servo di tutti. Saremo tutti giudicati sulle opere di misericordia (“Ho avuto fame, ho avuto sete, ero nudo, straniero, malato, in carcere”).
La terza immagine è quella del racconto. “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Il verbo “rivelare” nella lingua greca è exeghésato da cui viene la parola esegesi, che potremmo tradurre più precisamente con raccontare. Abbiamo bisogno della preghiera, soprattutto della celebrazione eucaristica perché proprio lì noi possiamo rivivere l’esperienza della salvezza. Nella Messa è Gesù stesso che parla e agisce, che ci racconta, rendendolo presente, l’amore di Dio. Il Giubileo iniziato ieri notte a Roma e che apriremo solennemente a livello diocesano domenica prossima è una bella occasione per lasciarci trasformare dalla grazia di Dio. Non c’è libertà né uguaglianza senza fraternità, per questo uno degli aspetti fondamentali del Giubileo biblico era la remissione dei debiti. Ognuno di noi ha un debito, non solo di natura economica, da rimettere a qualcuno. Chi ha subito un torto, certamente deve essere tutelato nella sua ricerca di giustizia, ma bisogna imparare alla fine a saper perdonare, se vogliamo davvero costruire una società solida e sicura.
Contemplando lo stile di Gesù nel vangelo, crediamo che progressivamente la grazia di Dio ci attira e ci trasforma rendendoci sempre più simili a Lui, nella convinzione profonda che la ricerca sincera della pace estingue le contese, l’amore vince l’odio, la vendetta è disarmata dal perdono.
C’era una volta un uomo che non credeva nel Natale. Era una persona fedele e generosa con la sua famiglia e corretta nel rapporto con gli altri, però non credeva che Dio si fosse fatto uomo come, secondo quanto afferma la Chiesa, è successo a Natale. Era troppo sincero per far vedere una fede che non aveva. “Mi dispiace molto, disse una volta a sua moglie che era una credente molto fervorosa, però non riesco a capire che Dio si sia fatto uomo; non ha senso per me.” Una notte di Natale, sua moglie e i figli andarono in chiesa per la messa di mezzanotte. Lui non volle accompagnarli. “Se venissi con voi mi sentirei un ipocrita. Preferisco restare a casa. Vi starò ad aspettare.” Poco dopo la famiglia uscì, mentre iniziò a nevicare. Si avvicinò alla finestra e vide come il vento soffiava sempre più forte. “Se è Natale, pensò, meglio che sia bianco”. Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere un giornale. Poco dopo venne interrotto da un rumore seguito da un altro e subito da altri. Pensò che qualcuno stesse tirando delle palle di neve sulla finestra della sala da pranzo. Uscì per andare a vedere e vide alcuni passerotti feriti, buttati sulla neve. La tormenta li aveva colti di sorpresa e, per la disperazione di trovare un rifugio, avevano cercato inutilmente di attraversare i vetri della finestra. “Non posso permettere che queste povere creature muoiano di freddo… però come posso aiutarle?” Pensò che la stalla dove si trovava il cavallo dei figli sarebbe stato un buon rifugio, velocemente si mise la giacca, gli stivali di gomma e camminò sulla neve fino ad arrivare nella stalla, spalancò le porte e accese la luce. Però i passerotti non entrarono. “Forse il cibo li attirerà,” pensò. Tornò a casa per prendere delle briciole di pane e le disseminò sulla neve facendo un piccolo cammino fino alla stalla. Si angustiò nel vedere che gli uccelli ignoravano le briciole e continuavano a muovere le ali disperatamente sulla neve. Cercò di spingerle in stalla camminando intorno a loro e agitando le braccia. Si dispersero nelle diverse parti, meno che verso il caldo e illuminato rifugio. “Mi vedono come un estraneo che fa paura”, pensò. “Non mi viene in mente nulla perché possano fidarsi di me… Se solo potessi trasformarmi in uccello per pochi minuti, forse riuscirei a salvarli” In quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare. L’uomo restò immobile, in silenzio, ascoltando il suono gioioso che annunciava il Natale. Allora si inginocchiò sulla neve: “Ora si, capisco, sussurrò. Ora vedo perché hai dovuto fare tutto questo!”".
Immagine di repertorio