Giovane suicida alla Scuola Marescialli di Firenze, la lettera della famiglia. 'Diceva questa scuola mi sta rovinando la vita'
La lettera indirizzata a Unarma, associazione sindacale carabinieri
mercoledì 15 maggio 2024 13:30
"Una lettera a cuore aperto con il fine di condividere con voi le impressioni della famiglia in merito a quanto accaduto il 22 aprile all’interno delle mura della Scuola Marescialli e Brigadieri dell’Arma dei Carabinieri".
E' la lettera indirizzata a Unarma, associazione sindacale carabinieri, dalla famiglia di Beatrice, la giovane di 25 anni che si è tolta la vita il 22 aprile scorso alla scuola marescialli di Firenze.
Il sindacato ha deciso di pubblicare la lettera sul proprio sito. "Come sindacato UNARMA restiamo esterrefatti su quanto contenuto nel documento e dopo un’attenta riflessione abbiamo deciso di renderlo pubblico. Siamo profondamente toccati dalle parole della famiglia e comprendiamo appieno le loro preoccupazioni riguardo alle circostanze che hanno portato alla tragica scomparsa di Beatrice. Condividiamo il loro desiderio di fare luce su questa situazione e di affrontare il problema dei suicidi tra i membri delle Forze Armate e di polizia con la massima serietà e impegno. Il sindacato UNARMA si impegna a collaborare attivamente con le autorità competenti e per indagare a fondo su quanto accaduto e per adottare misure efficaci volte a garantire il benessere psicologico e la salute mentale di tutti i suoi membri. Inoltre, ci impegniamo a lavorare per migliorare il dialogo e la trasparenza tra l’Arma dei Carabinieri, i suoi membri e le loro famiglie, al fine di garantire un ambiente di lavoro più sicuro e sano per tutti".
"La prerogativa di questa lettera, come famiglia di Beatrice e nella qualità di individui che dedicano la propria vita da decenni alle Forze Armate, non è quella cercare di individuare responsabili ai quali imputare la tragica fine di Beatrice infatti la nostra fiducia nelle Istituzioni rimane integra come sempre. Proprio per via della nostra integrità abbiamo deciso di condividere il nostro stato d’animo e le nostre preoccupazioni con voi di UNARMA, con la speranza che si possa fare seriamente luce sul fenomeno suicidario che coinvolge uomini e donne in uniforme con numeri che sono arrivati ad essere nell’ordine di uno ogni sei giorni dall’inizio del 2024", si legge nella lettera.
La giovane, secondo quanto riporta la famiglia, voleva abbandonare la scuola, lamentando un regime troppo restrittivo. "Beatrice nei primi giorni di frequentazione della scuola aveva manifestato l’intenzione di abbandonare il percorso appena intrapreso anche se quel percorso era da sempre stato il suo sogno, questo poiché aveva percepito quello che ci riferiva essere un ambiente estremamente rigido e totalitario. Successivamente decise invece di continuare in quanto, avendo già avuto esperienza di vita militare, prima nella Marina Militare e poi nell’Arma dei Carabinieri, si era convinta che il regime di trattamento così restrittivo rientrasse nella logica di un periodo propedeutico iniziale atto a testare in prima battuta le capacità di resilienza dei futuri marescialli ma purtroppo questo non corrispondeva a realtà: le condizioni di pieno inasprimento e i ritmi di vita serrati sono continuati. Beatrice aveva molto a cuore l’Arma ma alcune disposizioni non le erano chiare e le reputava prive di valore formativo".
La lettera riporta poi alcuni esempi, come "no beauty case in bagno, porte delle camere sempre aperte se non siete in libertà (la mattina e a studio obbligatorio), srivanie: no santini, no foto, sulle mensole solo libri d'amministrazione, quelli personali nel cassetto", o chi prende voti troppo bassi agli esami "salta il pernotto immediatamente successivo alla data dell’esame sostenuto".
Nella lettera, che riporta anche alcuni messaggi che Beatrice inoltrava/inviava alla famiglia "in quei pochi momenti in cui ci raccontava esserle consentito utilizzare il telefono", viene raccontato un episodio in cui un maresciallo "durante lo studio obbligatorio in camera, trovava regolarmente la porta aperta ma al contempo un altro maresciallo faceva presente che al suo passaggio precedente notava che la porta era chiusa, quando invece la porta era aperta dall’inizio dello studio obbligatorio, per questo motivo metteva a rapporto la cameretta".
"Un altro episodio che ci ha alquanto stupito riguarda un alterco avvenuto tra il padre di Beatrice e la sua linea di comando che illustriamo nei dettagli di seguito: Beatrice agli inizi dell’ottobre 2023 aveva contratto il Covid con associati sintomi febbrili e respiratori, malgrado le sue condizioni di salute fossero precarie a lei veniva ordinato di recarsi nel luogo di adunata, tutte le mattine alle 06:15. Il padre venuto a sapere di questa notizia contattò telefonicamente l’Ufficiale Comandante di Plotone di Beatrice, per chiedere spiegazioni sul perché la figlia venisse obbligata a presentarsi in adunata febbricitante e al fatto che i pasti, a suo dire immangiabili, le venivano portati continuamente con grossi ritardi e in esigue quantità. Il fine della telefonata era semplicemente finalizzato a comprendere le ragioni per le quali si rendeva necessario compromettere ulteriormente la salute di sua figlia. In tutta risposta l’Ufficiale affermava con tono perentorio e arrogante che la telefonata risultava essere non gradita e che gli stava causando una perdita di tempo prezioso, inoltre affermava che i dettagli della conversazione secondo il suo punto di vista non erano del tutto esatti".
"Nei giorni precedenti la propria morte Beatrice manifestava molti dei sintomi attribuibili a una condizione di forte stress psicofisico, difatti riferiva alla madre che stava perdendo i capelli e che non ne poteva più di sottostare a quelle “regole” poco funzionali e che si insinuavano in ogni ambito della propria vita. Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi per poter avere un paio di ore di svago concesse durante la libera uscita, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto e che li stava perdendo anche per andare in piscina. Diceva sempre più spesso alla mamma” questa scuola mi sta rovinando la vita”".
"L'impronta che questa vicenda ha lasciato nelle nostre vite è tragica. La perdita di Beatrice per noi si è accompagnata a una presa di consapevolezza importante, quella per cui se un’istituzione dà più valore alle formalità che alla formazione e crescita personale dell’individuo conduce al fallimento (...). L’Arma dei Carabinieri ha il dovere di rivolgere tutte le proprie attenzioni sul valore, secondo noi essenziale, su cui si fonda il proprio compito istituzionale, ossia il valore dell’essere umano. La nostra tragica esperienza ci ha portato a riflettere sulla questione da una duplice prospettiva, sia da quella familiare che quella professionale all’interno delle Forze dell’Ordine".
"Vogliamo manifestare la nostra totale disapprovazione nei confronti di un sistema costituito da gerarchi inseriti in un contesto che non manifesta valori umani. Episodi come quello di Beatrice, o come quello avvenuto nella stessa scuola nel 2017, devono servire da spunto per un cambiamento nelle istituzioni affinché trovino il modo di sostenere le proprie unità nei momenti di difficoltà", conclude la lettera.