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Sollicciano, detenuto si toglie la vita. L'appello del sindacato della Polizia Penitenziaria

Donato Capece: ' Questo evento deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di Polizia Penitenziaria'

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sabato 04 gennaio 2025 11:31

Nella serata di ieri, venerdì 3 gennaio,  verso le 18.00 un detenuto del carcere fiorentino di Sollicciano si è suicidato.

 

A dare la notizia è Francesco Oliviero, segretario per la Toscana del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “L'uomo aveva 25 anni ed era di origini egiziane. Già in passato aveva posto in essere gesti autolesionistici. Pertanto, era stato allocato nel reparto Centro Clinico dell'Istituto. Purtroppo, la situazione degli Istituti penitenziari Toscani è al collasso. Soprattutto nell'Istituto fiorentino da anni non vi sono progetti rieducativi veri ed efficaci, affinché si possa dare una vera possibilità a chi entra in carcere”.

 

Il sindacalista rimarca che “da tempo chiediamo interventi risolutivi all'Amministrazione Penitenziaria a livello locale e nazionale per quanto concerne i lavori di adeguamento della struttura, incremento del personale di Polizia Penitenziaria, fondi per il pagamento dello straordinario e missioni ma soprattutto progetti e percorsi rieducativi con il coinvolgimento dei grandi Brand che possono investire  in progetti lavorativi all'interno delle strutture Penitenziaria. Purtroppo, ad oggi dobbiamo constatare che le nostre richieste cadono nel vuoto”, conclude Oliviero.

 

“Questo ulteriore suicidio avvenuto nel carcere di Sollicciano, a Firenze, deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di Polizia Penitenziaria”, commenta Donato Capece, segretario generale del SAPPE. 

 

“Questi drammatici eventi, oltre a costituire una sconfitta per lo Stato, segnano profondamente i nostri Agenti che devono intervenire, prosegue. “Si tratta spesso di agenti giovani, lasciati da soli nelle sezioni detentive, per la mancanza di personale. Il suicidio rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Servirebbero anche più psicologi e psichiatri, vista l’alta presenza di malati con disagio psichiatrico. Spesso, anche i detenuti, nel corso della detenzione, ricevono notizie che riguardano situazioni personali che possono indurli a gesti estremi”. 

 

La proposta operativa del SAPPE è “prevedere un sistema penitenziario basato su tre "gradini": il primo, per i reati meno gravi con una condanna non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale l'istituto della "messa alla prova"; il secondo riguarda le pene superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell'utilizzo della custodia cautelare; il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l'obiettivo prioritario”. 

 

Quello del sovraffollamento, secondo il SAPPE, "è certamente un problema storico e comune a molti Paesi europei, che hanno risolto il problema in maniera diversa - sottolinea Capece - L'osservazione della tipologia dei detenuti e dei reati consente di affermare che il sistema della repressione penale colpisce prevalentemente la criminalità organizzata e le fasce deboli della popolazione In effetti, il carcere è lo strumento che si usa per affrontare problemi che la società non è in grado di risolvere altrimenti".

 

 

 
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