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L’incanto di Orfeo nell’arte di ogni tempo, da Tiziano al contemporaneo: la mostra a Palazzo Medici Riccardi

La mostra ospita 60 opere d’arte dedicate a una delle più importanti e immortali figure del mito classico

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mercoledì 20 marzo 2024 19:32

“L’incanto di Orfeo” è la grande mostra che, a partire dal 20 marzo e fino all'8 settembre 2024, vedrà Palazzo Medici Riccardi ospitare circa 60 opere d’arte dedicate a una delle più importanti e immortali figure del mito classico.

 

Dipinti e sculture, disegni e manoscritti, installazioni e film, che spaziano dall’antichità ai nostri giorni. La mostra, a cura di Sergio Risaliti e Valentina Zucchi, responsabile scientifico di Palazzo Medici Riccardi, è nata da un progetto del direttore artistico del Museo Novecento, promossa da Città Metropolitana di Firenze e organizzata da MUS.E.

 

A partire dallo splendido rilievo marmoreo neoattico con Orfeo, Euridice ed Hermes, proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che raffigura il secondo e definitivo distacco del cantore dalla sua amata -fonte d’ispirazione per il poeta Rainer Maria Rilke, autore dei ‘Sonetti a Orfeo’ - fino alle opere di Tiziano, Parmigianino, van Honthorst, Bruegel il Vecchio, Rembrandt, Delacroix, Moreau, Redon, Feuerbach, De Chirico, Cocteau, Savinio, Melotti, Twombly e Paladino provenienti da prestigiose istituzioni culturali italiane e internazionali - dalle Gallerie degli Uffizi al Musée du Louvre di Parigi, dal Mart di Trento e Rovereto al Kunsthistorisches Museum e al Belvedere di Vienna, dal MANN e dal Palazzo Reale di Napoli ai Musées de Beaux-arts di Blois e di Marsiglia, dal Museo Nazionale del Bargello all’Accademia Carrara di Bergamo, dal Museo di San Marco alle Biblioteche Laurenziana e Riccardiana di Firenze - oltre che da collezioni private e grazie a una speciale collaborazione con l’Archivio del Teatro del Maggio Fiorentino.

 

“Siamo immersi nelle realtà virtuali e digitali, si costruiscono sul web città che non esistono (ma fino a un certo punto), veniamo a contatto con avatar. C’è come un assordante rumore di fondo che accompagna le nostre giornate – ha detto Letizia Perini, consigliera della Città Metropolitana delegata alla Cultura - La scelta di aprire uno spazio per contemplare il senso della vita, grazie a una mostra originalissima e unica nel suo genere su L’incanto di Orfeo, porta con sé un messaggio. Quando Orfeo canta, infatti, tutto il mondo si ferma; si arresta quello che gli antichi greci (ma non solo loro) temevano: il divenire, il tempo che cambia le cose. L’incanto di Orfeo ci porta per certi versi sulla soglia sospesa in cui Orfeo e Euridice si guardano per l’ultima volta e poi tutto è affidato alla speranza o, se vogliamo, alla disperazione di potersi ritrovare. Oggi abbiamo bisogno di pause perché tutto ci sollecita continuativamente a non fermarci, a non cogliere l’incanto. Le sessanta opere scelte per l’esposizione in Palazzo Medici Riccardi ci riportano su quella soglia con cui tutti devono fare in qualche modo i conti, magari per ascoltare quel canto che si è addormentato dentro di loro, dentro di noi”.

 

“Questa mostra è un nuovo, importante progetto che valorizza le meraviglie custodite in Palazzo Medici Riccardi – spiega Valentina Zucchi, responsabile scientifico di Palazzo Medici Riccardi e curatrice della mostra - è questa la volta del gruppo scultoreo di Orfeo che incanta Cerbero di Baccio Bandinelli, perno visivo del cortile del palazzo e di questa esposizione, che da quest'opera prende avvio e che a lei ritorna, nel canto senza fine del poeta. Il mito di Orfeo, in effetti, attraversa il tempo perché tocca le corde fondanti del nostro essere umano: il viaggio e il pericolo, l'amore e la perdita, il dolore e il coraggio, il desiderio e la paura, la morte, ciò che c'è oltre e ciò che le sopravvive. I mitemi di Orfeo sono gli elementi che accompagnano ciascuno di noi, in cui ritrovarci e su cui interrogarci. Ma sopra tutto questo, il racconto di Orfeo è un inno all'arte, capace di superare ogni ostacolo, di muovere ogni resistenza e di sublimare ogni fragilità: quando Orfeo canta, accompagnato dalla cetra, ammalia uomini e donne, animali selvatici e fiere, alberi di ogni specie, persino le rocce e i fiumi; la sua poesia lascia financo Cerbero con le sue tre bocche spalancate e fa inumidire le guance alle Furie. In un gioco di specchi, è proprio ciò che avviene con questa mostra: le bellissime opere esposte - che spaziano dalla classicità all'oggi, dalla pittura al video - hanno il potere di incantare e di sedurre, conducendo nei meandri di una storia che è anche la nostra storia. I grandi capolavori dell'arte trovano qui il senso pieno del loro esserci; e anche noi, qui, possiamo trovare un po' di noi”.

 

“Qualche anno fa con la Città Metropolitana di Firenze e MUS.E si era pensato ad una serie di mostre che nascessero dalla storia e dall’arte di Palazzo Medici. Non poteva mancare a questo punto un progetto con al centro la figura mitica di Orfeo, cantore, musico, filosofo e sapiente, la cui storia ha attraversato i secoli dall’antichità remota ai nostri giorni - dichiara Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento, a cui si deve il progetto della mostra - Leggiamo infatti le sue incredibili storie in Virgilio e Ovidio, ne parlano Platone, Boezio, Ficino e Pico della Mirandola, entrambi di casa in questo palazzo nel Quattrocento; ne sono rimasti affascinati Rainer Maria Rilke che scrive i Sonetti ad Orfeo e Jean Cocteau che gli dedica i film, Orfeo e Il testamento di Orfeo. E se non bastasse, dopo Calvino e Bufalino, anche Vecchioni, ai nostri giorni ha scritto una canzone dedicata a Euridice, la sfortunata consorte del poeta che per lei ebbe il coraggio di scendere negli inferi. La sorte è nota: Orfeo disobbedisce all’ordine di Ade e Proserpina e si volta a guardare Euridice, che immediatamente svanisce, rapita di nuovo dal nero Erebo. Queste sono le mostre che amiamo e riteniamo utili a un’esperienza alta e profonda dell’arte: sono viaggi nel tempo e nello spazio delle arti, percorsi iniziatici alla comprensione dell’attualità sempiterna del mito. Questa di Orfeo è una storia di amore e di ombre, di divieti crudeli e dilanianti passioni, di insostenibile perdita e inconsolabile tristezza, ma è pure la favola che nasconde misteri esoterici e indicazioni sapienziali. Le opere bellissime di Tiziano e di Rembrandt, di Savinio e de Chirico, quelle di Feuerbach e di Redon, di Moreau e di Delacroix, dialogano con le moderne rinascite di Orfeo a firma di Arturo Martini e Fausto Melotti, di Mimmo Paladino e Cy Twombly. Insieme ci ricordano che Orfeo non muore e che il suo canto continua a incantare i cuori degli amanti, degli animali e delle piante. A Firenze, a Palazzo Medici, la sua storia e la sua figura hanno avuto un ruolo importante alla pari di quelle di Ercole, David e Giuditta. Ne sono lampante testimonianza la formella di Luca della Robbia per il Campanile di Giotto e la statua di Orfeo nel cortile di questo palazzo. Perfino Cosimo I de’ Medici volle farsi ritrarre da Agnolo Bronzino nelle vesti di Orfeo, cioè come portatore di pace e armonia nel mondo. Al sostanziale connubio di Orfeo con il mondo della musica e della poesia saranno altresì dedicati una serie di concerti e reading poetici nei mesi estivi. Perché dire Orfeo è recitar cantando. Pensiamo a Monteverdi, Gluck e poi a Stravinskij e a tanti altri compositori che hanno saputo far rinascere l’Incanto di Orfeo e le sue dolcissime, dolenti note nel corso dei secoli”. 

 

Una mostra che affonda le radici nei tempi più antichi del mito e ruota attorno alla figura multiforme e metamorfica di Orfeo, poeta, musico e cantore, compagno di viaggio degli Argonauti, sposo prima infelice e poi disperato di Euridice, inconsolabile vedovo dilaniato dalle Baccanti. 

 

La sua figura domina e risplende in Palazzo Medici Riccardi: il progetto espositivo nasce infatti dalla presenza del meraviglioso gruppo marmoreo di Orfeo che incanta Cerbero di Baccio Bandinelli - un tempo accompagnato da una lira - nel cortile principale del palazzo di via Larga, dedicando un’attenzione particolare al suo risalto a Firenze e dispiegando fra le sale le vicende del mito. Orfeo è stato infatti soggetto privilegiato dell’arte e della cultura fiorentina a fianco delle emblematiche figure di Ercole, David e Giuditta; presente già nel Quattrocento in una delle formelle di Luca della Robbia del Campanile di Giotto, il figlio della musa Calliope e del re della Tracia Eagro (o di Apollo, secondo altre versioni del mito) ebbe un posto di particolare rilievo nello studio e nell’interpretazione della classicità in età rinascimentale, con sottolineature letterarie, filosofiche e politiche. Tale interesse - che si sviluppò proprio intorno a Cosimo il Vecchio e a Lorenzo il Magnifico grazie agli artisti, ai letterati, ai pensatori e ai poeti vicini ai Medici - è testimoniato da una molteplicità di opere.

 

A questa straordinaria stagione di filologia e di sperimentazione delle arti e delle lettere risale per esempio la teatrale Fabula di Orpheo di Agnolo Poliziano, stretto amico del Magnifico e traduttore in latino anche delle Argonautiche orfiche, presente in mostra grazie a un prezioso esemplare di entourage mediceo (Biblioteca Riccardiana), affiancato peraltro da una raffinata silloge miniata degli Inni orfici del Quattrocento maturo, segno dell’interesse culturale e religioso maturato nello stesso periodo in ambito neoplatonico. 

 

La mostra permetterà di ripercorrere e attraversare il mito di Orfeo grazie a una ricca selezione di capolavori dell’arte di ogni tempo, a cominciare dal bellissimo dipinto di Gerrit van Honthorst, assunto a icona della mostra. Fra le sale si snoderanno quindi le sue avventure con gli Argonauti e si diffonde il potere del suo canto, in grado di ammaliare gli animali più vari, fino alla morte di Euridice, morsa dal serpente e pianta dal poeta - esemplificata dai superbi dipinti di Tiziano, Delacroix e Moreau - fino alla scenografica discesa agli Inferi, al successivo ritorno sulla terra (potentissima ne è l’interpretazione di Anselm Feuerbach) e alla seconda perdita dell’amata, al suo ultimo canto e alla furia bestiale delle Baccanti, testimoniata dalla testa decapitata di Orfeo di Odilon Redon. 

 

Alle opere figurative saranno accostati preziosi manoscritti provenienti dalla Biblioteca Riccardiana e dalla Biblioteca Laurenziana - fra cui, oltre agli esemplari già citati, una versione istoriata delle Metamorfosi di Ovidio, di ambito mediceo e annotata da Poliziano - e saranno ricordate anche le opere in musica ispirate al mito di Orfeo, evidenziando come esso abbia permeato i diversi ambiti culturali nei tempi ponendosi come figura emblematica non solo della civiltà classica ma anche di quella rinascimentale, moderna e contemporanea. Una speciale sezione della mostra è dedicata alle scenografie, figurini e maschere di artisti che hanno collaborato con il Maggio Musicale Fiorentino, esemplificate in mostra dalle superbe creazioni di Giorgio De Chirico. 

 

 

 
 
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