Villa Triste e la banda Carità di Firenze
Una triste pagina di storia
sabato 03 dicembre 2016 12:20
Villa Triste è il nome che venne dato ai tempi della Seconda Guerra Mondiale ai luoghi in cui i nazisti imprigionavano, interrogavano e torturavano le proprie vittime.
La Villa Triste di Firenze è una delle più famose d’Italia, tuttavia ne esistono di “gemelle” a Trieste, Roma, Biella, Milano e Genova.
Via Bolognese 67. Questo era l’indirizzo dell’Inferno; un palazzo che venne requisito nel 1943 e che divenne prima sede politica delle SS e poi della 92esima legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, meglio nota con il nome di “Banda Carità”.
La Banda Carità prende il nome dal suo capo, Mario Carità, ed era un insieme di criminali a cui era stata concessa l’amnistia per i loro precedenti rati in cambio del loro ingresso nelle forze speciali tedesche. Secondo alcuni storici, alcuni di questi soggetti, presentavano anche problemi mentali e sono tristemente noti per la ferocia e la crudeltà delle loro torture ai prigionieri.
Fra tutti, si ricorda Bruno Fanciullacci che, dopo essere stato quasi evirato, decise di buttarsi dal secondo piano dell’edificio per scampare alla torture. Morì senza rivelare niente dei piani della Resistenza. Nel 2003 lo spiazzo di fronte al condominio è stato intitolato proprio alla sua figura. Anche Anna Maria Enriques Agnoletti trovò la morte a Villa Triste dopo una settimana di torture.
Le azioni della Banda erano talmente violente che nel 1943 Mario Carità scrisse una lettera di giustificazione a Mussolini.
Quando il fronte di liberazione si avvicinò a Firenze, Carità abbandonò Villa Triste e si diresse a Padova.
Una targa scritta da Pietro Calamandrei, ricorda gli orrori e la triste pagina di storia di Firenze che questa Villa rappresenta.
Mario Carità morì nel Veneto in un confronto armato, i membri della banda furono processati ma molti furono assolti per insufficienza di prove.
Del capo della banda rimane solo un ritratto in prosa, opera di Augusto Daphinè sulla rivista “Non Mollare” del 1945 “Carità vestiva in borghese, ma a guisa sportiva: camicia alla Robespierre e calzoncini corti. Sui capelli, nerissimi, spiccava una candida ciocca in mezzo alla fronte, rivelatrice di anomalie del sistema nervoso: questa fronte era bassa, il grugno suino. Notai subito la bocca sensuale, carnosa, sul volto floscio e giallastro, lo sguardo costantemente collerico, i pugni che stringeva continuamente parlando. Il viso, di un'asimmetria sconcertante, gli occhi callosi, piccoli, accartocciati, il mento prominente dalle favolose mascelle avrebbero fatto fare a Lombroso salti di gioia, e anch'io, per quanto estraneo agli studi di medicina legale e sebbene distratto da altre meditazioni, non seppi trattenermi dall'ammirare quello splendido campione di delinquente. “
Foto di MArio Baldini e Vignaccia76