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Riscaldamento globale, la ricerca di UniFi e Stazione Zoologica Anton Dohrn: ‘Verso la tropicalizzazione del Mediterraneo’

Paolo G. Albano: ‘Cambieranno le specie marine che vediamo quando ci immergiamo e anche quelle che mangiamo’

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martedì 09 aprile 2024 14:07

Entro la fine del secolo, il riscaldamento climatico non controllato potrebbe portare all’invasione del Mar Mediterraneo da parte di specie tropicali provenienti dall'Oceano Atlantico. Quasi la metà delle specie che abitano il Mar Mediterraneo non si trova in nessun altro luogo del mondo, ma il bacino si sta riscaldando rapidamente, mettendo a rischio questa biodiversità unica.
 

È quanto emerge dalla ricerca “The dawn of the tropical Atlantic invasion into the Mediterranean Sea”, pubblicata dalla rivista scientifica americana PNAS, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States, e realizzata da Paolo G. Albano e Lotta Schultz della Stazione Zoologica Anton Dohrn, Silvia Danise dell’Università di Firenze, Marco Taviani del CNR e Stefan Dullinger e Johannes Wessely dell’Università di Vienna.
 

In particolare, per comprendere come l'ecosistema del Mediterraneo potrebbe reagire al previsto riscaldamento globale e quale sarà l’impatto sul nostro mare, i ricercatori hanno fatto un tuffo nel passato. Hanno esaminato, infatti, i fossili marini per capire come il bacino è cambiato durante i cambiamenti climatici del Pleistocene, l’epoca immediatamente precedente a quella in cui viviamo. Gli autori si sono concentrati su un periodo compreso tra 135.000 e 116.000 anni fa, e cioè il periodo caldo immediatamente precedente l’ultima glaciazione e che corrisponde a uno scenario di riscaldamento globale appena modesto rispetto ai possibili scenari per il prossimo futuro. Hanno, quindi, creato un modello di distribuzione di molluschi tropicali atlantici che vivevano nel bacino durante quel periodo caldo. Queste specie tropicali atlantiche – definite “ospiti caldi” perché appunto presenti in Mediterraneo solo nei periodi più caldi del recente passato geologico – sono rimaste nel nostro bacino finché l’ultima glaciazione le ha obbligate a ritirarsi a latitudini tropicali.
 

Nel condurre la ricerca, gli studiosi hanno incrociato i dati sulla distribuzione geografica di questi “ospiti caldi” durante l’ultima fase interglaciale con la loro distribuzione attuale, in modo da ottenere un modello molto realistico perché prende in considerazione anche quello che è già realmente avvenuto nel recente passato, prevedendo poi la loro distribuzione nei prossimi decenni. I risultati mostrano che anche un riscaldamento di intensità intermedia permetterà alle specie tropicali atlantiche di rientrare nel Mediterraneo.
 

A differenza dell’ultima fase interglaciale, il Mar Mediterraneo sta però già subendo un’invasione di specie tropicali che provengono dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano tramite il Canale di Suez. Gli autori dello studio pubblicato su PNAS prevedono che queste due invasioni biologiche trasformeranno in maniera irreversibile la biodiversità del Mediterraneo.
 

“Il cambiamento a cui andiamo incontro è drammatico e irreversibile e porterà la biodiversità del Mar Mediterraneo a uno stato che l’umanità non ha mai visto – spiega il ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn, Paolo G. Albano - Cambieranno le specie marine che vediamo quando ci immergiamo nelle nostre acque, ma anche quelle che mangiamo, come già è accaduto lungo le coste di Egitto e Israele dove l’effetto combinato del riscaldamento globale e dell’invasione biologica dal Canale di Suez ha riconfigurato l’intero ecosistema marino.”
 

“Abbiamo ipotizzato che, se la temperatura nel Mar Mediterraneo salisse anche solo di pochi gradi, potrebbe verificarsi una nuova invasione biologica tropicale dagli esiti ancora sconosciuti - spiega Silvia Danise, docente di Paleontologia e paleoecologia del Dipartimento di Scienze della Terra – L’orizzonte temporale è piuttosto ravvicinato: potrebbe avvenire nel 2100, se non già nel 2050, quando condizioni climatiche e salinità dell’acqua renderanno il Mediterraneo compatibile, come avvenuto 120mila anni fa. In uno scenario estremo, potremmo assistere ad una completa tropicalizzazione”.
 

 

 
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