Firenze di sangue, l'Omicidio dell'Incognito
Nella Firenze del '500 una storia di crimini, omicidi e tradimenti
Firenze, città d’arte e di bellezza, ma anche di sangue e crimine. Nella storia passata della città non sono pochi gli episodi di cronaca nera, più o meno famosi, che hanno toccato Firenze, anche prima delle tristemente famose stragi del Mostro di Firenze.
E’ questo il caso di un episodio storico forse non molto conosciuto, il cosiddetto “Omicidio dell’Incognito”, e riportato dalla cronaca fiorentina del tempo: una storia di crimini, tradimenti e omicidi nella Firenze del 1570. Tutto parte da una vera e propria associazione a delinquere ante-litteram, una sorta di “Banda della magliana” in salsa fiorentina e cinquecentesca, guidata da due “lanaioli”, Serselli e Santini, e dal cosiddetto Incognito (in quanto non si seppe mai il suo nome), losco figuro proveniente dai bassifondi della città. A quanto riporta la cronaca del tempo la banda, a cui si aggiunsero nel tempo nuovi compagni, finanziava la propria vita dissoluta di donne, festini e giochi attraverso furti e rapine, fino a diventare “i più fini ladri che in quel tempo fussero a Firenze”.
Sempre secondo la cronaca, a metà tra storia e leggenda, Serselli, vero e proprio capobanda, temeva eventuali confessioni estorte con la tortura dai propri compagni di delitto; proprio per questo decise di proporre agli altri membri della banda una sorta di “allenamento alla tortura”, con tanto di corde e tiranti, in modo da poter in seguito resistere in caso di eventuali arresti ed interrogatori. Nell’appartamento di Serselli, in via Ghibellina, presero così il via queste strane prove notturne: venuto il turno dell’Incognito, divenne però evidente che non avrebbe saputo resistere ai duri interrogatori previsti al tempo. Serselli e Santini decisero così di risolvere il problema alla radice: sorpresero l’Incognito alla sprovvista, lo strangolarono, avvolsero il corpo in bende e lo gettarono in una delle tombe nel chiostro della vicina Santa Croce.
Il misfatto non venne scoperto fino al momento in cui i due complici, che nel frattempo continuavano i loro delitti, vennero sospettati ed interrogati. Serselli riuscì a resistere alle torture e non confessò, e venne così liberato; Santini invece confessò tutto, e venne condannato a morte. Prima dell’esecuzione, tuttavia, tradì l’ex complice, quel Serselli che era già tornato in libertà, fornendo le prove del misfatto e mostrando il luogo dove era stato sepolto l’Incognito; interrogato e torturato nuovamente, Serselli finì per confessare tutti i reati commessi (tra cui l’omicidio di un altro giovane commerciante), e venne condannato a morte. I due ex complici, dopo essere condotti su un carro ed esposti al pubblico ludibrio, recando con sé la motivazione della pena (“per falsarj, omicidiarj, e famosi ladri”), vennero impiccati su una forca eretta proprio in via Ghibellina, luogo dell’omicidio dell’Incognito.