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Firenze, morto un detenuto nel carcere di Sollicciano. L'assessore Funaro: 'Grande dispiacere'

Il sindacato UIL-PA Polizia Penitenziaria: 'La situazione è davvero drammatica a Sollicciano'

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giovedì 02 settembre 2021 14:01

Un detenuto di circa 43 anni, di nazionalità tunisina, è stato trovato morto ieri sera nella sua cella nella sezione transito – isolamento del carcere di Sollicciano di Firenze. 

 

"Le circostanze della morte non le conosciamo, ma rimane il fatto che ieri sera a Sollicciano oltre alla morte del detenuto un altro ha abbattuto nuovamente i muri della cella, per cui anche questo fatto pone sempre di più l’accento su di una struttura alquanto fragile visto quanto avvenuto l’11 luglio 2021", afferma il Segretario Generale Regionale della UIL-PA Polizia Penitenziaria Eleuterio Grieco.

 

"Condividiamo le parole del Sindaco Nardella circa la necessità di riedificare un nuovo carcere - dice Grieco - perché Firenze Sollicciano è una struttura non più funzionale alla gestione della detenzione, giuridicamente e costituzionalmente per cui qualsiasi progetto che si voglia fare impatterà sempre con il luogo che è inadeguato alla sua primaria funzione".


"La situazione è davvero drammatica a Sollicciano, poiché le aggressioni violente e minacce al personale di polizia continuano, per cui questo è un paese strano ci si scandalizza per le aggressioni e minacce dei no vax ma poco si fa sulle aggressioni continue alla polizia penitenziaria nelle carceri che sono veri e propri infortuni sul lavoro. Nota dolente è che ancora oggi manca il comandate e direttore titolare a Firenze Sollicciano, per cui anche la gestione del sistema è labile sotto ogni punto di vista e nessuno assume le giuste e conseguenziali decisioni. Registriamo anche l’assenza della politica regionale e fiorentina poiché a più riprese chiediamo di essere ascoltati e ricevuti per dare il nostro apporto di idee per una detenzione dignitosa che contava al 31.07.2021 nel distretto 3.032 detenuti di cui 1.455 stranieri e 85 donne", conclude Grieco. 

 

“La situazione nel carcere di Sollicciano è sempre più drammatica. Da tempo è stato chiesto un intervento da parte dell’Amministrazione e di tutte le istituzioni per porre rimedio ad una situazione non più rinviabile. Adesso c’è stato anche un suicidio – spiega il vice presidente del Consiglio comunale Emanuele Cocollini – mentre un altro detenuto ha abbattuto nuovamente i muri della cella, mettendo in evidenza una struttura alquanto fragile. Sono importanti le parole del sindaco Nardella che parla di riedificare un nuovo carcere, perché Sollicciano è una struttura non più funzionale alla gestione della detenzione, giuridicamente e costituzionalmente, ma quest’ultimo episodio dimostra, ancora una volta, che non è più il tempo delle parole”.


“Il sindacato di Polizia penitenziaria è tornato a denunciare una situazione che deve essere affrontata rapidamente. Un luogo fatiscente – conclude il vice presidente del Consiglio comunale Emanuele Cocollini – dove la detenzione non solo non è dignitosa, ma degradante anche per chi ci deve lavorare ogni giorno”. 

 

“C’è grande dispiacere per la drammatica morte del detenuto. In questo momento di dolore siamo vicini alla sua famiglia, e in particolare alla sorella, alla direttrice della struttura e a tutto il personale”. Lo afferma l’assessore a Welfare Sara Funaro, commentando la notizia della scomparsa del 43enne nel carcere di Sollicciano. 

 

“Come diciamo da tempo con il sindaco Nardella, Sollicciano ha bisogno di essere ricostruito - afferma Funaro - per renderlo più funzionale e per garantire dignitose condizioni di vita ai detenuti e di lavoro a tutti coloro che vi operano. Nell’immediato però sono necessari interventi per affrontare le criticità esistenti. Serve un penitenziario all’altezza di una città come Firenze, che da sempre è città di accoglienza e integrazione”.

 

“Continueremo a impegnarci e a tenere alta l’attenzione sulla necessità di intervenire sulla struttura confrontandoci con il governo”, prosegue l’assessore. Che aggiunge: “La reclusione va intesa non come punizione, ma come rieducazione e il carcere deve essere un luogo di rinascita, di ripartenza, e non di dolore e sofferenza. Le persone devono uscire migliori rispetto a quando sono entrate. Per questo stiamo portando avanti progetti di recupero dei detenuti - conclude Funaro -, sia dentro che fuori il carcere. E’ dando loro opportunità per mettersi alla prova che si può diminuire il tasso di recidiva e offrire possibilità per condurre una vita diversa”.

 

 
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